2012-04-16

Hic manebimus optime

Sessione del 2 aprile 2012

1383

Un gruppo eterogeneo, composto da figure in parte ben definite, in parte ancora indistinte («Hai finito l'equipaggiamento?» «Sì, cioè, no, quasi, insomma, devo solo scegliere armaarmaturaoggettimagiciecomprareunbadile. E scegliere un talento magari due forse tre diciamo quattro e non se ne parla più...». «Hai scelto almeno il nome?» «No, quello lo faccio per ultimo...»), avanza nel sottosuolo dopo essere sopravvissuto per puro miracolo al tentativo di sterminio che uno dei chierici del gruppo, tale Balthazar, ha tentato di portare a termine a cinque minuti esatti dall'inizio della missione, lanciando un Dissolvi Magie sulla finestra che separava il gruppo da un lago di acido. E loro si trovavano al di sotto del livello del liquido.

Lasciatisi alle spalle il tanfo chimico del lago e superato con notevoli difficoltà un cancello chiuso (non magico, non invalicabile, non senziente, non assassino, non maledetto. Chiuso), distrutto un certo numero di non morti non troppo pericolosi, gli avventurieri si trovano ora di fronte a una parete su cui appaiono delle scritte in una lingua sconosciuta.

L'altro chierico, che al momento consiste soltanto in una sagoma indistinta che tuttavia produce notevole clangore metallico mentre avanza, prova a decifrare la scrittura grazie a Comprensione dei Linguaggi.

Si scopre così che su quella sezione della parete si trova l'epitaffio del principe Valek, che in vita compì indicibili misfatti e venne ucciso dai suoi stessi sudditi o, meglio, dai «servi abitanti nella sua provincia»; il suo cadavere venne poi sparso nei quattro angoli della provincia stessa; quindi, secondo una logica che è certamente sorella di latte della follia, i pezzi furono ricomposti e deposti nella tomba nei cui pressi ci troviamo.

Le iscrizioni continuano: parlano di almeno altre tre persone, tutte evidentemente rappresentati di una genia di malvagi, tiranni o semplici psicopatici.

Avanziamo. Dopo una sessantina di metri, il corridoio della caverna lascia il posto a uno spazio aperto inondato da una luminosità verdastra. La via che ci si apre davanti è affollata di tempi e ziqqurat; l'atmosfera che ci circonda è orribile, e l'odore pare quello di locali chiusi da secoli. Non si avverte più il tanfo chimico che regnava nelle vicinanze del lago d'acido, mentre la temperatura è sensibilmente più bassa di quanto fosse poc'anzi.

Proseguiamo, addentrandoci nella necropoli. In fondo alla strada vediamo un grande edificio (un'altra ziqqurat) poggiato alla parete di fondo della caverna.

Per qualche motivo che lo storico non ha segnato, preso com'era a tentare di finire (con scarso successo) il proprio personaggio, diventano per noi importanti le parole «Il basso è alto. Il sacrificio dei quattro servi aprirà la porta a un difficile ma proficuo cammino».

Udita questa frase, secondo un ragionamento che probabilmente sarà chiaro ai nostri psicanalisti ma a noi sfugge completamente, iniziamo a correre da una parte all'altra a seconda di dove appaia del movimento (dopotutto la zona pullula di non morti e gli dei solo san che altro) o si accenda una luce.

Dopo un certo tempo passato a imitare il Benny Hill Show proseguiamo verso la ziqqurat sul fondo; prima di arrivarvi, tuttavia, attraversiamo un crocevia; la strada che porta alla ziqqurat continua quella da cui veniamo, ma la via a essa perpendicolare conduce, in entrambe le direzioni, ad altrettante ziqqurat apparentemente identiche alla prima. Ma dato che «il basso è alto» e il cammino sarà difficile ma proficuo, per cui sarà necessario sacrificare i quattro servi per aprire la porta, e comunque non è vero che non sappiamo dove andare, ché c'è in giro tanta gente cattiva che parla soltanto perché ha la lingua in bocca, diventa chiaro che è necessario proseguire verso la ziqqurat che avevamo puntato fin dall'inizio.