2012-05-29

Rialzo con gli zombie

Sessione del 10 Maggio 2012

1° Elesias 1383 + x

Baldanzosi e rincuorati dall'apparente successo, usciamo a testa alta dalla piramide ma, fatti due passi, ci blocchiamo di colpo: l'intera necropoli, con la pregevole eccezione della ziqqurat sulla quale ci troviamo, pullula di non morti, mentre un basso coro di gemiti e ululati funge da colonna sonora della poco allegra visione.

L'idea di passeggiare amenamente tra le lapidi sino a raggiungere l'ultima ziqqurat che ci manca da esplorare all'improvviso perde ogni attrattiva; contemporaneamente non sappiamo bene se rallegrarci perché i non morti sulle piramidi non salgono o se esserne profondamente terrorizzati, dato che potrebbero non osare salire perché vi si trova qualcosa che fa paura anche a loro. Balthazar suggerisce di teletrasportarci direttamente al nostro obiettivo, apparendo sulla superficie, ma la fondata ipotesi che l'ultima piramide sia ricoperta di teschi golosi di caviglie ci fa alla fine propendere per un più tranquillo volo sino a destinazione.

La ziqqurat si presenta nera e liscia, senza teschi di sorta. Un portale strombato s'apre in cima alle scale; non vi sono maniglie, né cardini, né serratura. Con la circospezione dettata dall'esperienza - o dalla pavidità - Valadriel prova a spingere i battenti, che silenziosi s'aprono. Un refolo d'aria pregno di profumo di lillà si spande all'intorno, e intravvediamo una vasta sala all'interno dell'edificio. Seguendo la procedura standard, il paladino lancia all'interno una Verga del Sole che stavolta deve aver pagato a prezzo pieno perché illumina proprio come dovrebbe: scopriamo così un locale vasto quanto l'itero piano della ziqqurat; 9 pilastri di pietra nera circondano una pedana cui conducono quattro gradini; sulla pedana vi è un trono, e sul trono siede una statua nera - all'apparenza un essere umano, calvo, avvolto in lunge vesti, forse il Master (no, lui non usa lunghe vesti) - che in grembo tiene una complessa corona d'oro, caratterizzata da tre volute. Mentre osserviamo interessati il luccicante metallo, Balthazar fa due passi in avanti, come inconsapevole, poi si riscuote e torna - coniglio - col gruppo.

Un'occhiata ai pilastri ci rivela che tutti, tranne uno, sono coperti di scritte; anche i gradini lo sono. Le lettere sono incise nella pietra e riempite di metallo: la somiglianza con le scritte scovate nell'altra ziqqurat è evidente persino per noi. I due chierici hanno la sensazione di riconoscere la corona, ma non sanno dire di più. Insomma, cercano di darsi delle arie.

È bello avere un personaggio buono e valoroso nel gruppo: quando tutti sono fermati sulla soglia dalla propria pavidità, questi si fa avanti e scatena quanto c'è di scatenabile. In groppa al fido destriero, Valadriel compie una ricognizione all'interno della sala, dove peraltro non si percepisce più l'odore di lillà. Scopre grazie ai propri poteri enormi tracce di male ovunque, tranne che sulla corona, così che in tutti si fa strada il pensiero più ovvio: «Possiamo rubarla in sicurezza!».

A un certo punto, la colonna liscia cambia posizione. La cosa non ci turba, perché ora abbiamo un oggetto da sottrarre, illegalmente e profanando una tomba, qualora ciò interessasse a qualcuno. Balthazar si fa avanti, seguito da Kristel, poi si prostra davanti alla corona mentre il bracciale che indossa per un attimo pulsa di una uce dorata. Sui gradini - ci dice il chierico, che solo una paio di piramidi fa non era in grado di capire quella scrittura - c'è scritto: «La vera virtù di coloro che servono non è soltanto nella parola, ma è radicata nella carne e nello spirito».

La capacità di comprendere le scritte non è l'unica novità di cui Balthazar può godere. No, non è diventato né coraggioso né assennato, ma in compenso ha l'improvvisa consapevolezza dei poteri del bracciale; in compenso non sa perché si sia inginocchiato, ma una mezza idea ci si affaccia alla mente quando, mentre Kristel sta per afferrare la corona, il chierico grida «No!», farfugliando qualcosa circa il fatto che qualunque cosa capiti alla corona capiterà a lui.

Intanto altri pilastri si materializzano tra i nove originari; Balthazar, che è diventato il nostro traduttore universale, spiega che sui pilastri sono scritti i nomi dei precedenti servitori, e aggiunge che il paladino, tra tutti, è l'unico a poter prendere la corona. Non perché sia prescelto da chicchessia, ma semplicemente perché è l'unico di cui si fidi.

Valadriel afferra delicatamente la corona e riesce, faticando un po', a estrarla dalla presa della statua; non è troppo pesante, ma il paladino non ha tempo di chiedersi se l'apparentemente prezioso oggetto sia davvero d'oro o invece di latta poiché una strana sostanza che pare fanghiglia sta bagnando il pavimento, mentre torna a farsi sentire il profumo di lillà.

Dalla statua emerge, colando liquami di putrefazione, quello che pare un angelo che ha percorso un po' troppi chilometri. Angel of Decay ci dicono le nostre conoscenze, che quando si tratta di definire i mostri sono ancipiti e passano con disinvoltura dall'italiano all'inglese, a seconda dei manuali di cui siamo in possesso.

L'apparizione ci spaventa non poco e decidiamo per una poco virile ma salutare ritirata, uscendo a precipizio dalla piramide. Solo che, come l'altra volta, ci blocchiamo di colpo non appena mettiamo fuori la testa, poiché la necropoli continua a pullulare di non morti evidentemente appassionati di rialzo, dato che finché stiamo quassù non vogliono toccarci. In compenso, un angelo decomposto ha tutta l'aria di volerci fare la pelle, rialzo o non rialzo.

Inizia così un confuso combattimento, durante il quale, a turno, inceneriamo un po' di non morti e ci facciamo insozzare dalla fanghiglia, che proviene dall'angelo e ha effetti decisamente poco piacevoli sulle caratteristiche di quelli con cui viene a contatto.

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Ipse dixit

  • Il Master sta descrivendo la stanza: «Nella ziqqurat, inondata dal profumo di lillà, vedete una piattaforma rialzata di quattro gradini; sulla piattaforma vi è un trono, e sul trono...» «Un frate cappuccino fa Felafel, interrompendolo. «No, una monaca brioche» ribatte il DM con estrema naturalezza. Valadriel guarda i due, realizza gli abissi di stupidità che corrono tra loro e commenta: «Vabbé, non piango; piango dopo...».

2012-05-17

Avevo una necropolina piccolina in Canadà

Sessione del 3 Maggio 2012

1° Elesias 1383 + x

Forti delle informazioni testé raccolte, decidiamo di andare a sondare la ziqqurat che, uscendo, si trova sulla destra. «Quindi quella a sinistra» spiega volenteroso il Master, nella vana speranza di mettere tutti d'accordo circa la disposizione delle ziqqurat in base alla mappa che ha disegnato sulla griglia e nella ferma certezza di aver confuso completamente, con appena quattro parole, le poche idee che ci erano rimaste.

Alcuni fortunelli riescono persino a godersi il viaggio in groppa a Ikram Toruk, che non è un difensore della nazionale turca ma il pegaso del nostro paladino Valadriel e che, affinché sia chiara la scala gerarchica tra lui e il suo padrone, è l'unico dei due a poter vantare un cognome.

Mentre ci spostiamo volando - chi a cavallo di Ikram, chi con mezzi propri - notiamo come sotto di noi il terreno sia coperto da «refoli di vapore» (tra virgolette perché sono le esatte parole del DM, mica che qualcuno se la prenda poi con lo Storico) rischiarati da una vaga luminosità verdastra e malsana, come se sul terreno e tra le tombe ardessero centinaia di fuochi fatui, quali quelli che si possono incontrare nelle paludi.

Seguiamo a una certa altezza dal suolo il viale principale e atteriamo dinanzi alla ziqqurat di sinistra, che come sappiamo tutti è poi quella di destra. Se i problemi di geolocalizzazione continueranno ad affliggerci a lungo, una nota positiva rischiara invece la visione dell'edificio: la superficie è liscia, non scolpita in maniera tale da sembrare ricoperta di teschi pronti ad azzannare le caviglie di ogni incauto che vi poggi sopra il piede, come le pantofole rosa e puffose ora indossate da Balthazar continuano a ricordarci. Mentre traiamo un sospiro di sollievo, rassicurati, un intenso profumo di lillà c'inonda le narici; ci guardiamo attorno sospettosi, atterriti all'idea di veder apparire un francescano santo ma scorbutico.

A parte le pareti liscie, la piramide pare esternamente identica a quella che abbiamo già visitato; guardando meglio notiamo però un altro particolare differente: in cima alla scalinata che porta sino al primo ripiano non c'è un portale ma un'apertura nera, contro la quale nemmeno la scurovisione di Scuro1, l'elfo scuro che oscuramente ci accompagna, può alcunché. Valadriel, dopo aver parcheggiato Ikram in divieto, individua tracce di male dovunque. Qualcuno non s'è impegnato nella pulizia.

Dopo essere stati intimiditi al di là di ogni verecondia, nell'ordine, da a) un cancello b) un portale (nel senso di portone pretenzioso, non di un robo magico che manda su un altro Piano) c) una porta (ma con una faccia scolpita sopra) si capisce che una nera apertura non può fare altro che terrorizzarci. Grazie al cielo, tuttavia, abbiamo un paladino che deve essere eroico per contratto e che, con sprezzo sommo del pericolo, osa l'inosabile: lancia fa rotolare con delicatezza una Verga del Sole accesa all'interno della piramide, nel tentativo di fare luce sulla faccenda in senso proprio e figurato.

La Verga approda senza difficoltà sul robusto pavimento interno della ziqqurat, da dove manda una luce più fioca di quella che farebbe normalmente: illumina bene sino a 3 metri di distanza, e in modo tenue sino a 6. Prendiamo nota di come anche gli oggetti alchemici rispettino la Regola d'Oro (tutto ciò che è misurabile varia secondo multipli di 1,5) e restiamo a fissare il nero che ci attende: privi di una porta da temere, abbiamo paura del buio.

È di nuovo Valadriel a guidare l'ingresso nella ziqqurat. Ikram, che non vuole saperne di restare fuori (metti mai che passi un vigile e gli faccia la multa), ci accompagna all'interno, dove scopriamo un corridoio molto largo e alto 6 metri, in cui avanziamo cautamente. A una quindicina di metri dall'ingresso il corridoio s'apre su una vasta sala, che però il DM descrive come «baratro» scatenando attimi di panica incertezza. Chiarito l'equivoco, il paladino raccoglie tutto il proprio coraggio e, borbottando qualcosa del tipo «smettila di spingere, maledetto bardotto volante» s'affaccia senza addentrarsi.

La stanza pare occupare tutto l'interno della piramide (sottratto, naturalmente, lo spazio del corridoio e tenendo a mente che il pavimento su cui marciamo è a livello del primo gradone: non è che Valadriel è entrato e si è spiaccicato 10 metri più sotto...); è fiocamente illuminata da una tenue luminosità verdastra che arriva dal fondo, mentre al centro s'erge un pilastro di pietra, quadrato e completamente nero, le cui dimensioni sono presumibilmente pari a quelle dell'ultimo piano della ziqqurat. Il pavimento è completamente coperto di ossa.

Indecisi se poggiare le nostre delicate estremità inferiori su oggetti che già quando di pietra hanno la tendenza a sgranocchiare suddette estremità, cerchiamo qualcosa da lanciare all'interno, attenendoci così alla Regola di Jannacci (che recita: «per vedere di nascosto l'effetto che fa»).

Ci piacerebbe avere una Borsa dei Trucchi da cui estrarre un tenero animaletto da mandare al massacro, ma poiché nessuno ha pensato di arricchire il proprio equipaggiamento con tale utilissima trovata, Capitan Felafel prova una variante dell'immortale Freccia Bengala2: il Quadrello Sfrigolante.

Viene infatti incaricato di disturbare il pilastro caricando un quadrello sulla sua balestra folgorante e lanciandolo contro il grande monolito nero: mentre le ossa presenti in quantità industriale non fanno altro che confermare il fatto che qui le scimmie siamo noi, il quadrello parte sfrigolando, colpisce il pilastro e ricade tra le ossa le quali, come in ogni film dell'orrore che si rispetti, si agitano e lo fanno sparire per sempre, avvenimento che leggiamo come un presagio di quanto sta per accadere a noi.

Avendo intuito che sarebbe poco igienico affrontare la stanza a livello del suolo, Valadriel monta spontaneamente su Ikram - «mettimi giù, insano quadrupede!» - e s'invola all'interno, compiendo innanzitutto un giro esplorativo intorno al pilastro. Nota così che in questo sono ricavate quattro piccole nicchie, una per lato, e che all'interno di ciascuna di esse si trova qualcosa che brilla tenue: paiono degli anelli, forse d'oro.

Mentre la parola «oro» fa svanire immediatamente ogni timore, un forte stridio proveniente dal basso nelle vicinanze del pilastro risveglia i conigli presenti in noi, che al momeno s'erano distratti, così che possiamo notare da una posizione assolutamente sicura il minaccioso cumulo d'ossa che pare un enorme serpente, s'alza dal pavimento e punta deciso verso il paladino. Ci apprestiamo a estrarre i pop-corn per goderci meglio lo spettacolo quando le ossa iniziano ad agitarsi anche nelle nostre vicinanze, la qual cosa ci spinge a mettere via i sacchetti e a fare un balzo indietro. Balthazar intanto riconosce il mostro che minaccia il paladino: è un Ossario vivente, che il chierico decide di distruggere evocando una Tempesta di Fuoco sopra di esso. E sopra Valadriel.

Questi sgrana gli occhi e grida un «Nooooo!» di tale potenza che persino l'Ossario per un momento si paralizza; quindi Balthazar capisce l'antifona, Valadriel riesce a sfuggire tornando al sicuro dai compagni - uno dei quali appena 30 secondi prima stava tentando di arrostirlo insieme alla cavalcatura - e il serpentone d'ossa si ritrova a combattere contro un Elementale d'Aria, a confronto col quale ha però rapidamente la peggio.

Mentre l'Ossario collassa, dai due mucchi d'ossa che s'agitavano s'alzano in volo due scheletri di drago, sopra i quali Balthazar può finalmente scatenara la Tempesta di Fuoco che teneva in serbo. Più tardi ne lancerà anche una in croato.

Curiosamente i due draghi paiono trovarsi a proprio agio sotto il fuoco che piove dal cielo (o quantomeno dal soffitto), facendo sorgere in Balthazar il dubbio che si tratti degli scheletri di due draghi rossi. Soffocando una bestemmia, Balthazar scompare e cerca di capire se ciò sia vero: non sappiamo se il suo nuovo stato di invisibilità lo aiuti nel compito, né verremo mai a conoscenza di che cosa abbia scoperto in tal modo, poiché non ce lo dirà mai.

Capitan Felafel si esibisce quindi in un complicato rituale che coinvolge il suo simbolo sacro, parole arcane, poteri soprannaturali mai visti e che si riduce nello scagliare Luce Incandescent: tutta la manfrina deve aver però avuto il merito di distrarre il drago scelto come bersaglio il quale, colpito, va letteralmente in pezzi. L'elementale dell'aria, esaurito il combattimento con l'Ossario, finisce quindi l'altro drago.

Ora che è tornata la calma, l'attenzione di tutti può concentrarsi sui misteriosi anelli individuati da Valadriel. Dato che presumibilmente non c'è più pericolo, Balthazar si offre volontario per il recupero e, volando, si lancia verso la prima nicchia. Gli altri, rimasti all'ingresso, sono testimoni della baldanzosa partenza, dell'epico volo e del grido di dolore che s'alza dall'oscurità: «La mia mano!».

Il chierico, che a quanto pare ha deciso di lasciarci (ma un pezzo alla volta), torna e, contrariamente alle previsioni - qualche maligno dice «alle scommesse» - di tutti ha ancora entrambe le mani attaccate ai polsi. Solo che la sinistra è parzialmente scorticata e, fuso nella carne del polso, ora riluce una specie di bracciale; aver guadagnato il monile, per inciso, gli fa perdere in via definitiva 4 punti ferita.

Il bracciale consiste in una spessa fascia d'oro, istoriata come se fosse costituita da una massa di ragni; una Individuazione del Male non rivela tracce di malvagità su di esso, ma in compenso si possono rilevare forti aure di ammaliamento e trasmutazione.

Appurata la natura del bracciale - che a prima vista pare avere più di qualcosa a che fare con i servi che stiamo cercando e il cui sacrificio può aprire la porta (roba che dopotutto non promette poi così bene) - il coraggioso chierico dagli arti rimovibili torna invisibile e va ad esplorare le rimanenti tre nicchie; dopo aver nicchiato un po', torna tenendo in mano gli altri anelli - che stavolta sono anelli per davvero - e senza aver perso ulteriori parti del corpo.

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Note

  1. 1 Non è colpa mia. È il giocatore che ha poca fantasia per i nomi. Ritorna
  2. 2 Come si sbircia in una stanza buia senza entrarci? Si lancia Luce su una freccia e la si tira all'interno. Con un po' di pratica si riescono anche a infiggere le frecce nel pavimento e a disporle artisticamente creando un'illuminazione tenue e raffinata, invidia dei più quotati designer d'interni di tutto il mondo.Ritorna

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Ipse dixit

  • DM: «Avvertite un intenso profumo di lillà. Forse siete in Canadà» (il Master non ha perso il senso dell'umorismo sfoggiato la volta precedente.)
  • Il DM ha appena spiegato che il corridoio che stiamo percorrendo s'apre su un «baratro», lasciando il gruppo sbigottito. Valadriel si fa portavoce del gruppo: «A noi ci ha fatto paura 'na porta, figurati il baratro...»
  • Balthazar annuncia l'intenzione di scatenare una Tempesta di Fuoco sull'Ossario Vivente, colpendo incidentalmente anche Valadriel e fornendo così una nuova definizione dell'espressione fuoco amico. Colto da un lodevole dubbio si rivolge all'amico paladino: «Temi tu il fuoco?» gli chiede. E quello, rassegnato: «Un po'...».
  • Balthazar, dopo aver visto gli scheletri di drago, decide di diventare invisibile e fare un tiro su Conoscenze mostri, senza peraltro dire ad alta voce alcunché di quanto scoperto per non compromettere la propria posizione. Il Master non vede il vantaggio della scelta strategica per il gruppo: «Le tue conoscenze invisibili lasciano tutti basiti».
  • Sempre Balthazar, stavolta colto in un momento di introspezione profonda: «Ho cattive esperienze... Ho un robo dentro... Ho un rododendro che mi popola...».

2012-05-01

Ecco come li voglio disposti: nicchia, nicchia, altare, nicchia, altare, altare, nicchia, nicchia, altare, altare, nicchia, altare

Sessione del 24 aprile 2012

1 Elesias 1383 (Festa di Mezza Estate) + X (dove X può corrispondere a qualche settimana...))

Il racconto riprende da dopo che il golem di ferro uscito dal portale d'ingresso alla ziqqurat ha ben bene malmenato il gruppo, che tuttavia grazie a Balthazar è riuscito a entrare lo stesso aprendo un buco in una parete e ritrovandosi al primo piano.

La verga del sole retta da Balthazar illumina un corridoio molto largo che prosegue a destra e a sinistra. Percorrendolo, scopriamo presto che corre tutt'intorno a una stanza centrale, di forma quadrata, la quale su ogni lato ha una porta di pietra; su ogni porta è scolpito in altorilievo il volto di quello che parrebbe un essere umano. I quattro volti (due maschili e due femminili) hanno la bocca spalancata, e al posto delle pupille due buchi.

Il lato del corridoio opposto alle mura perimetrali della stanza presenta un'alternanza di nicchie e altari; all'interno delle prime vi sono statue che, se raffigurano divinità, si riferiscono a dei che non conosciamo (ma tanto c'è un'infinità di cose che non conosciamo, quindi la cosa non ci fa né caldo né freddo), mentre sugli altari vi sono dei candelieri e vari oggetti, probabilmente arredi sacrileghi, d'oro, d'argento e di platino. Il lato del corridoio che delimita la stanza presenta, invece, una lunga teoria di colonne, anch'esse realizzate in pietra nera come tutto il resto.

Dev'essere stato lui a disporre nicchie e altari...

Gli altari sono tutti diversi l'uno dall'altro. Ciascuno porta incisi sul bordo dei caratteri profondamente scolpiti e riempiti d'oro, d'argento o di platino; tali caratteri o simboli non ci sono però familiari (tanto per cambiare) mentre notiamo ora che le statue hanno tutte in mano bastoni o bacchette «anch'essi di pietra» come precisa il Master vedendo accendersi repentinamente l'interesse dell'intero gruppo. Da nessuna parte vi è la minima traccia di polvere.

Gli altari sono in totale 19: ogni lato ne ospita cinque, tranne quello dove si trova il portale d'ingresso che ne ha quattro. Balthazar prova, con un Comprensione dei Linguaggi, a cercare di capire che cosa dicano le scritte. Tutte compongono frasi del tipo «La famiglia *nome* qui pose a custodia del sacrario reale».

Valadriel, il paladino, prova a individuare il male e deve ricorrere subito agli occhiali da sole: tutto è coperto da un'aura malvagia, il cui potere è tuttavia indeterminato.

Faelar, l'altro chierico (che per la Legge delle Incomprensioni Iniziali immediatamente viene indicato con vari nomignoli, il cui più benevolo è Felafel), prova una Individuazione del Magico scoprendo che almeno un oggetto su ciascun altare è magico, con un'aura debole e indeterminata; dalle porte provengono invece schiaccianti auree di abiurazione, trasmutazione, evocazione e invocazione. L'ultima deve essere dovuta alle bestemmie che tira chi cerca di oltrepassare le porte, come scopriremo di qui a breve.

Balthazar prova quindi a lanciare un Dissolvi Magie Superiore - l'incantesimo che è quasi costato la vita all'intero gruppo a cinque minuti dall'inizio dell'avventura - su una delle porte: la bocca prende a muoversi e una voce dice «Solo i servi possono passare». Fin qui non sembra tanto brutta, almeno finché il chierico non si accorge che gli incantesimi che erano attivi su di lui vanno svanendo l'uno dopo l'altro.

Per ragioni mai del tutto chiarite - «Il basso è alto» è la risposta che quieta ogni obiezione, dato che nessuno la capisce - ciò ci porta a decidere di volare dritti sulla cima della ziqqurat, con Balthazar che gentilmente si offre di trasportare il collega divino.

Le pareti esterne della ziqqurat sono scolpite con uno spiccato gusto kitsch: sono infatti ricoperte di teschi neri, e la cima (una piattaforma quadrata di tre metri di lato) non fa eccezione.

Balthazar e Capitan Felafel atterrano e all'istante i teschi si animano e provano ad azzannare loro le caviglie; se Felafel riesce per chissà quale miracolo a schivare le poderose mascelle di pietra, l'aviotrasportatore non è altrettanto fortunato e, mentre si rialza in volo il più in fretta possibile, non può che salutare mestamente il proprio piede sinistro che sta venendo allegramente masticato, mentre dalla caviglia una doccia rossa investe la cima della ziqqurat. Io dico che il Master guarda troppo Doctor Who.

La triste sorte dell'arto di Balthazar fa d'altra parte improvvisamente diventare più simpatiche le porte del primo piano; mentre il chierico si rigenera il piede ed estrae una pantofola dallo zaino, ci lambicchiamo su come fare per entrare nella stanza interna.

Sacrificare subito l'ultima pergamena di Modellare Pietra spiace un po', così Capitan Felafel evoca un elementale - enorme: perché stare a risparmiare? - da inviare all'interno della stanza affinché possa poi tornare a fare rapporto.

L'elementale appare, va, scompare nella parete che per un momento pare tremolare e torna: solo che non è più un elementale, ma un necromentale; in pratica ha fatto un upgrade rotolandosi in un cimitero, e ora è di pessimo umore. E ce l'ha con noi.

Fortunatamente, la minaccia non si rivela particolarmente ostica e il necromentale viene ridotto in briciole piuttosto rapidamente; si ripresenta così l'annoso problema di entrare nella stanza.

È di nuovo il poliedrico Balthazar a uscirsene con un'idea, anzi due. Prima, tramite un incantesimo di Divinazione, domanda «Che cosa succederebbe se provassi a entrare nella stanza passando dalla porta?» per sentirsi rispondere «Senza il privilegio dei servi ogni tentativo di entrare si trasformerà solo in enormi sofferenze»; poi, visto che fin lì ci potevamo arrivare anche noi, maturati dalle recenti esperienze, prova a chiedere a Kelemvor, tramite l'apposito incantesimo di Comunione, qualche consiglio sulla strategia da intraprendere.

Il rapido botta e risposta va press'a poco così:

  1. «I servi zono in questa ziqqurat?» «No» (ecco)
  2. «Gli oggetti sugli altari sono utili per entrare nella stanza?» «No» («Possiamo rubarli?» Sarebbe stata la naturale domanda successiva, ma l'allineamento vuole la sua parte)
  3. «Il sacrificio implica la morte?» «Incerto» (magari basta un piede...)
  4. «I servi sono nelle altre due ziqqurat?» «Sì» (e figuriamoci...)
  5. «I servi sono creature?» «Sì»
  6. «Siamo all'inferno?» (sembra strana, ma vista la fine dei personaggi precedenti...) «No»
  7. «Riusciremmo a entrare usando Modellare la Pietra?» «Incerto» (utilissimo, questo dio)
  8. «La custodia di legno è utile per l'apertura delle porte?» «No»
  9. «Le parole dell'oracolo sono uno o più oggetti fisici?» «Sì» (ricordo una storia di Topolino in cui i pensieri si ghiacciavano e ti cadevano in testa... sarà una roba del genere)
  10. «Le parole sono in questa ziqqurat?» «No» (pareva a me che prendevamo l'unica completamente vuota)
  11. «Le parole sono nelle altre due ziqqurat?» «No» (ah, beh, allora...)
  12. «Rompere il disco in quattro parti sarebbe utile?» «No»
  13. «Se il basso è alto, siamo in alto?» (perché abbiamo diritto a un tot di domande, sarebbe un peccato sprecarle: tu chiedi, anche una vaccata, ma chiedi) «No»
  14. «Se il basso è alto, siamo in basso?» «No»
  15. «Allora dove c@##@ siamo?» «I servi sono pericolosi da affrontare?» «No»

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Ipse dixit

  • Il DM sta descrivendo i volti scolpiti sulle porte: «...gli altri due sono identici. Il quarto invece è una cernia...»
  • Qualcuno attacca il necromentale. DM: «Colpito. Anzi, essendo di pietra, scolpito» (oggi il Master è in modalità Simpatico Umorista)
  • Balthazar richiama Valadriel al suo dovere con fare piccato. Balthazar: «Io faccio come le suore coi bambini (!): "Vieni qui, paladino!"» Faelar: «Ah, te non sei un chierico: sei una suora» DM: «Sì: Sorella Balthazar dell'Ordine della Spocchia»