2012-10-01

Big Trouble in Little Mulptan

Sessione del 12 settembre 2012
con un pizzico del 19
e un assaggino del 26

La luce del sole, alto nel cielo, che ci accoglie ci rivela che siamo tornati alla superficie. Il paesaggio in cui ci troviamo - freddo, costellato da sterpaglia - ci fa pensare che ci troviamo da qualche parte nelle terre del Nord, probabilmente vicino alla Desolazione Sconfinata, nel Rashemen. E, da qualche parte qui intorno, dovrebbe esserci anche una strada che porta al luogo in cui abbiamo causato tanti problemi.

Per avere un'idea della regione, Valadriel il Paladino s'alza in volo sul proprio Pegaso, accompagnato dallo Scuro. I due individuano effettivamente una strada, che all'incirco procede da est verso ovest (o viceversa, non avendo le strade preferenze di sorta in questo campo), e intravedono anche le pietre miliari che la costellano.

Non avendo idea di quale sia la direzione migliore da prendere, il dottor Balthazar decide di rivolgersi direttamente a Kelemvor, il quale ancora ha gli incubi dall'ultima volta che è stato consultato, non troppo tempo prima. Dalla Comunione veniamo a sapere che siamo ricercati per qualcosa che abbiamo combinato e che ha a che fare con qualcuno che abbiamo ucciso; quello che è meno chiaro per il dio è in realtà ciò che ci interessa di più, ossia sapere se non appena le autorità di questo luogo metteranno le mani su di noi ci faranno fuori seduta stante. Apprendiamo inoltre che il Visage si trova ora in un'altra regione, al di fuori di un raggio di 300 km da dove ci troviamo, che ha stretto alleanze con altre creature oltre alla medusa e che ha altri nemici oltre a noi. Ecco, speriamo lo trovino prima loro.

Capita un po' meglio la situazione, decidiamo che abbiamo rimandato fin troppo. No, non a pagare per gli orribili delitti che certamente abbiamo compiuto, ma a indagare su che cosa sia questo misterioso tesoro della medusa. Versiamo quindi il bitume contenuto nell'anfora, il quale cola e si sparpaglia proprio come ci si aspetta che un bitume ben educato faccia, e forma una chiazza che s'arresta dopo aver raggiunto poco più di un metro di larghezza. L'erba che vi si trova immersa inizia ad affondare, quindi il bitume collassa aprendo quello che pare un corto cunicolo che dà su un pavimento a una decina di metri di distanza.

Dato che siamo svegli come delle faine, abbiamo versato il bitume per terra e non su una superficie verticale, dove avrebbe formato una comoda porta (a nostra discolpa possiamo dire che non ci sono in zona rocce che possano servire al nostro scopo): ci tocca così affrontare una nuova - per quanto ridotta - scalata, dopo che l'ultima è andata così bene, specie quando Balthazar ci ha fatti precipitare tutti quanti. Dopo i litigi di rito - Vai tu, vado io, andiamo insieme, non ci passiamo, torna su, torna su te, allora scendo, se non vi muovete scendo da solo - vediamo che il buco porta in una caverna che misura in maniera abbastanza regolare 6x6x6 metri. In un angolino vediamo una cassa, accanto alla quale c'è un sacco; nulla di tutto ciò è magico, e non vi sono trappole. Kairos si fa avanti e apre entrambi i contenitori. Nella complesso troviamo un pugnale, un amuleto, un anello, un mantello, una coppia di bracciali, due armature apparentemente di scaglie ma molto grandi, un arco, un sacchetto con due pozioni, una pergamena e due oggetti strani: una piramide a tre facce di cristallo i cui lati misurano una spanna e una tiara tempestata di piccoli smeraldi, intagliata d'argento con un motivo di foglie. Il pugnale, le armature, l'arco, l'amuleto, l'anello, i bracciali, il mantello, le pozioni e la pergamena sono magici. Il pugnale mostra una fattura particolare, molto intricata, e un fodero complesso di robusta pelle lavorata; l'elsa e il fodero, insieme, formano un artiglio.

Dopo aver richiuso l'apertura come ci hanno insegnato, partiamo Camminando nel vento verso sud ovest, seguendo la strada; durante il viaggio incrociamo una piccola carovana (6 o 7 carri coperti) scortata da uomini a cavallo, con lunghe barbe, capelli lunghissimi e coperti di tatuaggi, che indossano grandi pellicce e portano grandi armi, i quali però non fanno caso a noi. Dopo un po' passiamo vicini a un edificio affiancato da un recinto con molte decine di rothé e oltre ancora vediamo due grandi mandrie. Quindi, dopo circa un'ora e mezza di viaggio, vediamo davanti a noi degli edifici e delle mura: abbiamo trovato una città. A un paio di chilometri dalle mura, torniamo corporei.

La strada è affollata e la città pare molto grande (deve contenere molte migliaia di persone); molta gente è abbigliata come i carovanieri che abbiamo incontrato e porta decorazioni di ossa o legno; c'è anche un gruppo vestito di grandi tuniche colorate e cappelli a cono largo, con ai piedi strane scarpe (le persone, non i cappelli), occhi a mandorla e la pelle di una tinta che noi non abbiamo mai visto. In pratica siamo finiti a Chinatown. Speriamo solo non appaia Lo Pen.

Avanziamo baldanzosi sulla strada larga e ci avviciniamo alle mura, che sono alte 5 o 6 metri e realizzate in robusta pietra grigia e tra le quali si apre una grande porta costituita da tronchi. Balthazar fa per staccarsi dal gruppo quando s'ode un alto fischio al quale segue un fuggi-fuggi generale, ma non è quello che ci preoccupa; il grosso guaio (a Chinatown, per l'appunto) inizia a palesarsi quando dal terreno intorno a noi spunta una dozzina di figure che ci circonda: sono grandi, grossi, indossano robuste pellicce e hanno in pugno asce e grandi spade.

Il lato più inquietante non è tanto l'equipaggiamento, quanto il fatto che le loro facce paiono scolpite nella pietra. Non si muovono, nonostante Golia e Balthazar inizino a battibeccare proprio davanti a loro; oppure si stanno solo godendo lo spettacolo. Dopo un po', una delle figure avanza, ci guarda e parla in una lingua che solo Balthazar capisce e che, per questo, il chierico traduce per noi in maniera impeccabile. Esatto, proprio come Guido.

Così, cercando di vincere il carro armato, gettiamo tutte le nostre armi e, sotto minaccia di morte, veniamo condotti legati dal Multrong (che dev'essere una roba tipo Megatron), il quale ci ascolterà in attesa che venga emesso il giudizio finale. Attraversiamo così diverse vie della città e strade ampie, e tutte le persone che incontriamo ci guardano molto ma molto male; dev'essere - ci pare di capire - perché l'ultima volta che siamo stati qui abbiamo causato la morte di diverse decine di persone. Alla fine approdiamo davanti a un edificio sopra l'ingresso del quale vi sono due spade incrociate e che costituiscono il maggior sfoggio di metallo visto sinora; ci distraiamo un attimo osservando le risse che prendono vita qua e là lungo la strada nell'indifferenza totale e, a 10 metri dall'ingresso, ci spingono a terra. Dopo qualche minuto - ed è ormai quasi il tramonto - arriva un tizio con bracciali e una cotta di maglia sotto la pelliccia, con i capelli molto lunghi; sputa per terra, chiamo quello che ha parlato prima con Balthazar e poi si rivolge a noi in Comune: «Avete avuto una grande faccia tosta a tornare qui dopo quello che avete fatto. Non pensavo che vi avrei rivisti così in fretta. Avete in mente qualche progetto?».

Balbettiamo qualcosa circa il voler rimediare al danno fatto, se solo ci spiegassero che accidenti abbiamo combinato, e per tutta risposta ci viene detto che entro due albe arriverà colei che ci giudicherà. Nel frattempo, saremo graditi ospiti delle prigioni, che si trovano al di sotto di un edificio non molto lontano, e le cui celle sono costituite da buchi scavati nella terra chiusi da un coperchio. Per i successivi due giorni ci daranno da bere ma non da mangiare e, prima di imprigionarci, ci confischeranno tutto il confiscabile, vestiti compresi; a ben vedere, l'esperienza più sgradevole di questo periodo è scoprire nel modo peggiore possibile che Golia non porta biancheria intima sotto l'armatura.

Trascorse un paio d'ore dal sorgere della seconda alba, ci tirano fuori dalle prigioni e ci rivestono con degli indumenti che non sono i nostri. Scortati, veniamo condotti al centro di un cerchio costituito da una spessa spiepe dove ci sono delle panche e cinque persone ci aspettano: il tizio con la cotta (non nel senso che gli piace uno di noi, ma nel senso che ha l'armatura), quello che ha parlato con Balthazar, un altro barbaro e due figure in vesti femminili, adorne di gioielli d'oro e dai volti coperti da maschere. L'una indossa una maschera completamente bianca con due strisce rosse verticali che attravesano gli occhi, l'altra porta una maschera verde e ore e che copre solo la parte superiore del volto, mentre al di sotto pendono delle catenelle, che immaginiamo siano l'equivalente locale dei lecca-lecca.

Non appena ci sediamo, quella con la maschera rossa si presenta come il nostro giudice. «Chiamatemi Amica» ci dice, quindi spiega che la compagna è Mayla, la quale l'aiuterà a prendere la decisione più saggia.

Tutto va un po' meglio di come temevamo. Tanto per cominciare non ci condannano a morte. Non a morte immediata, per lo meno. Poi ci spiegano che ci troviamo nella città di Mulptan, e si informano sui nostri progetti e su quanto sappiamo sul Visage. Ci dicono poi che, l'altra volta che siamo passati di qui, non solo abbiamo attaccato gli Artigli della città ma due clan hanno subito delle grosse perdite: abbiamo infatti condotto via diverse persone di Mupltan, ed è persino superfluo dire che nessuna di loro ha fatto ritorno. Peraltro, insieme a noi c'erano altre due persone, e infine abbiamo fatto perdere le nostre tracce.

Le nostre giudici affermano di non poter passare sopra le nostre azioni, e tuttavia al momento le nostre vite non sono in pericolo; il giudizio finale sarà emesso questa sera, dopo il tramonto. Quindi ci lasciano.

Alla sera, tornano tutti e cinque. Tutti concordano che è nel loro interesse capire e seguire i movimenti del Visage: vogliono sapere dove abbiamo portato le persone rapite e capire perché siamo stati scelti proprio noi («forse perché siamo dei tali creduloni» è al momento l'ipotesi più probabile, ma la teniamo per noi). Quindi, siamo stati scelti come volontari per accompagnarli a cercare qualche indizio, seguendo le tracce che abbiamo lasciato la volta scorsa. Per stasera ci forniranno cibo e alloggio (non si torna in galera, evvai!) e ci saranno resi subito simboli sacri e libri; l'indomani ci ridaranno il resto dell'equipaggiamento. Siamo sempre sorvegliati, ma almeno possiamo lavarci e mangiare come si deve.

Amica spiega che il luogo cui siamo diretti si trova a 3 giorni di cavalcata verso est da qui: si tratta di rovine incantate e chiamate L'anello delle fiamme grigie, ed è un posto dove la magia clericale subisce strani effetti. Considerato che tra noi c'è un solo usufruitore di magia arcana, ci sentiamo in una botte di ferro. Come Attilio Regolo.

Il riassunto dei giorni successivi arriva in maniera frammentaria a causa dell'assenza dello storico, ma i punti chiave sono:

  • Arriviamo all'Anello delle fiamme grigie, dove in effetti ci sono alcune "ciminiere" in cima alle quali bruciano delle fiamme grigie e avvicinandosi alle quali la magia divina fatica a funzionare.
  • La zona è sorvegliata da alcuni incantesimi viventi; iniziamo a scontrarci con quella che pare una sfera prismatica e poi, attirato da Balthazar che aveva provato a dirigersi verso la ciminiera più vicina a velocità Warp, contro un altro incantesimo di cui non ricordo proprio la natura
  • Un attimo prima che veniamo spazzati tutti via, Faelar com'è sua abitudine si ricorda all'improvviso di avere dei poteri e fa apparire un drago adulto d'ametista, il quale ha in poco tempo ragione dei due incantesimi viventi (aiutato, peraltro, dall'enorme quantità di frecce che Golia ha continuato a lanciare verso al Sfera Prismatica).
  • Grazie a Balthazar recuperiamo il Paladino, che era stato traslato sul Piano Elementale dell'Aria, utilizzando peraltro un piano di salvataggio che funziona come un orologio svizzero. Il che ci fa temere che abbiamo orami esaurito la nostra scorta di buona fortuna.
  • A condire la situazione, apprendiamo di essere seguiti da un misterioso essere a forma di lupo.
  • In tutto questo i nostri accompagnatori si sono tenuti ben a distanza di sicurezza, il che ci fa sospettare che dopotutto ci abbiamo davvero condannato a morte, solo in maniera molto elaborata.

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Ipse dixit

  • Il giocatore dello Scuro sta guardando perplesso la lavagnetta che riporta l'iniziativa. Perplesso perché, laddove dovrebbe esserci il nome di Golia, c'è una sigla che non riesce a sciogliere. Scuro: «GSRO?». Golia (fiero): «Golia Schmitz Rompi-Ossa!». Lo Scuro ci pensa un po' su, poi abbozza: «Vabbé, io mi chiamo Scuro, quindi...»
  • Balthazar spiega al resto del gruppo chi siano gli Artigli della Città testé citati dai nostri giudici: «Sì, dai, sono gli zii in pelliccia!»

2012-09-23

Chiaro? Cristallino!

Sessione del 22 agosto 2012

Poco più avanti il percorso spiana, curvando verso destra, quindi si interrompe con una profonda frattura nel pavimento, larga circa 4,5 metri (sempre per via della Regola d'Oro, per cui tutto si misura a multipli di 1,5). Chi volando, chi grazie alle proprie sciccosissime Pampogne del Ragno con ponpon rosa (il dottor Balthazar, chi altri?), chi con una manovra complicata che comprende il prestito delle suddette pantofole (Golia), oltrepassiamo il crepaccio e avanziamo speditamente e baldanzosamente per quei 15 metri che costituiscono tutto il resto del cunicolo in cui ci siamo infilati.

Come se un grosso cartello nel cielo dicesse «Scendete!», intuiamo di doverci infilare nella spaccatura che tanto agilmente abbiamo superato; non essendo completamente sprovveduti (parecchio sprovveduti sì, ma completamente no) cerchiamo di capire quanto sia lunga la discesa con un metodo estremamente scientifico: Kairos lascia cadere un sasso, il quale rimbalza più volte prima di fermarsi. O di venire ingoiato da un Mangiasassi Verde. Dipende.

Preceduti dal paladino armato di Verga del Sole, iniziamo la discesa per affrontare la quale il sempre prudente Balthazar diventa invisibile. Dopo una quindicina di metri raggiugiamo un foro nel pavimento che si rivela essere un foro nel soffitto di una stanza vagamente a cupola.

All'interno dello spazio circolare sottostante, la luce si riflette su una miriade di cristalli e ci permette di vedere piuttosto chiaramente ciò che c'è dentro: non appena ci affacciamo, infatti, l'intera stanza viene illuminata da una luce soffusa. Una zona è particolarmente luminosa: lì vi sono infatti delle "infiorescenze" di cristallo di dimensioni maggiori e disposte a formare una specie di gabbia, all'inteno della quale troviamo accovacciato un drago nero. Sul lato opposto della gabbia, un fiume attraversa la caverna.

Il primo a tuffarsi nella stanza è Balthazar il quale, subito dopo aver raggiunto il pavimento, fa un paio di passi decisi e li condisce immediatamente con un bestemmione di proporzioni bibliche: al chierico è sfuggito il fatto che i cristalli di diverse dimensioni ricoprono anche il pavimento, e gli stanno massacrando le piante dei piedi con i loro dentini aguzzi, che paiono ideati apposta per sforacchiare le sue pantofole.

Dopo aver perso un piccolo ma pur sempre significativo ammontare di punti ferita, il chierico di Kelemvor ritiene sia meglio giocare alle "Belle Statuine Invisibili" e si immobilizza. Intanto Valadriel, sospettoso, annuncia che il risultato della sua Individuazione del Male gli ha rivelato che dappertutto rivela una forza malvagia d'intensità schiacciante, mentre Faelar recupera Balthazar e, camminando nell'aria, lo porta lontano dai cristalli del pavimento.

Durante tutto il teatrino, il drago ha continuato ad osservarci, senza peraltro dimostrare particolare interesse. Balthazar, cercando di ravvivare un po' la scena, lancia una Visione del vero e poi un urlo di dolore: tutto quello che l'incantesimo gli ha mostrato è una serie di colori turbinanti, accompagnati da un volto che lo fissa da ogni faccia di ogni cristallo nella stanza.

Probabilmente - intuiamo - i cristalli qui presenti riflettono gli incantesimi che vengono lanciati, per cui sarà necessario pensarci molto bene prima di lanciare un qualsiasi incant... Wham! Un dissolvi magie lanciato da Balthazar (che cercava di liberarsi degli effetti di Visione del Vero) fa precipitare sul taglientissimo fondo della caverna tutti quanti stavano volando, proprio per via delle capacità riflettenti dei cristalli. Con un tonfo sonoro Golia si rialza, lo sguardo omicida puntato su Balthazar, e il chierico si salva solo perché il Goliath dovrebbe attraversare il poco invitante pavimento per ridurre a una polpetta la causa della sua caduta dal punto più alto del soffitto.

Stavolta lo spettacolo è piaciuto un po di più: il drago sta infatti sghignazzando; ma non gli facciamo caso, occupati come siamo a disporci cautamente intorno a Balthazar e ad osservarlo con odio. Odio profondo. Anche se è invisibile (non l'odio, ma Balthazar). Per farsi perdonare, il chierico cura Golia, e poi per buona misura lancia un Epurare Invisibilità, a seguito del quale torna visibile soltanto lui, ma così almeno possiamo fissarlo per davvero.

Mentre Balthazar si dà all'esplorazione del fiume, lo psionico propone un'idea che sulla carta non è da buttare: utilizzare i danni da suono per frantumare i cristalli. Il problema è che, all'atto pratico, gli unici a subire danni siamo noi, mentre i cristalli restano assolutamente intatti...

Esaurite le nostre risorse mentali e fisiche, ci rivolgiamo all'unico che certamente capirà qualcosa di questa situazione, o quantomeno più di noi: il drago. Questi ci dice che è stata la medusa a chiuderlo lì, prima di venire portata via da qualcuno (il Visage cui stiamo dando la caccia).

I due - il drago e la medusa - avevano stretto una sorta di alleanza poiché avevano interessi comuni: trovarsi un angolino comodo in cui prosperare, per esempio. Questo luogo si è rivelato perfetto: qui gli incantesimi, i poteri e gli effetti d'acido vengono riflessi ed estesi. È stato peraltro il Visage a far sì che il volto della Medusa apparisse sui cristalli.

Esauriti i convenevoli, proviamo a contrattare un po': il drago ci propone di rivelarci informazioni in cambio del nostro aiuto a uscire dalla gabbia; ci accordiamo per farci dare subito il tesoro e, quando saremo al di fuori di questo luogo, lui ci darà le informazioni che vogliamo; inoltre gli mostreremo il portale che gli permetterà di tornare alla superficie.

Il paladino è il prescelto per l'operazione di liberazione del drago. Questi, per permettere al suo liberatore di avvicinarsi alla gabbia senza trifolarsi nella manovra e ridursi a una polpetta sanguinolenta prima di potersi rendere effettivamente utile, gli indica alcuni cristalli sul pavimento che sono più grandi degli altri, hanno una faccia in piano e sui quali ci si può muovere. Valadriel riesce così ad avvicinarsi alla gabbia, dove estrae la spada e rimane perplesso, lasciando che lo sguardo passi alternativamente dalla propria arma ai grossi cristalli che dovrebbe distruggere con in volto l'espressione di chi si chiede «Ma lo sto facendo davvero?». A risolvere i dubbi della nostra fonte di moralità (oltre che di idee) pensa Golia il quale, armato di martellone (per quanto non magico) è decisamente più adatto a rivolgere colpi contro dei cristalli, dei quali infatti ha ragione in poco tempo.

Il drago, finalmente libero, è di parola: senza nemmeno tentare di scioglierci ci indica dove si trova il tesoro della Medusa: sott'acqua, a circa 6 metri, in una giara di porcellana chiusa da un sigillo d'argento. Specifica che si tratta di un oggetto che ci permetterà di accedere al luogo in cui fisicamente si trova il tesoro, una stanza senza altri ingressi molto lontano da qui.

Il drago non ha ancora finito di parlare e Balthazar s'è già lanciato al recupero. Tutto fila liscio, il chierico torna, ci consegna la giara, quindi si riavvia verso il fiume e si reimmerge, deciso a eplorare anche il resto del fiume e senza fare il tempo di sentire l'ultima raccomandazione del drago: «Non mi ritengo responsabile».

C'è qualcosa sott'acqua, ma non sapremo mai che cosa. Balthazar, che quando vuole non è proprio uno sprovveduto, aveva provveduto a farsi legare con una corda (non nel senso che è sceso fatto su come un salame, ma nel senso che se l'era legata intorno alla vita, e un capo era nelle capaci mani dello scuro) e dà il segnale di emergenza (tre strappi alla corda) per farsi recuperare.

Il drago ci spiega quindi come fare per accedere al tesoro vero e proprio: occorre aprire la giara e spargere il bitume lì contenuto, il quale diventerà un buco che condurrà in una caverna; l'apertura resterà tale finché la giara non sarà portata all'interno e all'esterno della caverna.

Sistemata la faccenda della ricompensa, ritorniamo nel cunicolo di partenza, ma non prima che Balthazar si sia offerto di teletrasportare quanti - per colpa sua - non possono volare, facendo così provare loro l'interessantissima sensazione di venire sparati in tante direzioni diverse, tutte affollatissime di taglienti cristalli.

Tornati, più o meno malconci, nel cunicolo, ci dirigiamo verso il portale. Strada facendo il drago ci spiega che la prima volta che siamo arrivati il Visage passava da un volto all'altro e pareva tormentato da qualcosa; noi abbiamo contattato la medusa e proposto uno scambio: lei ci avrebbe dato delle informazioni e delle indicazioni, mentre noi le avremmo dato in cambio aiuto per stabilire un territorio di caccia e di alcuni del nostro gruppo quale forma di pagamento. Grazie alle indicazioni ottenute, il Visage aveva intenzione di raggiungere una necropoli che la Medusa aveva visto durante un'esplorazione ma in cui non era mai entrata a causa dei sigilli e barriere posti a sua protezione.

Dopo aver ottenuto quanto desiderava, il Visage se n'è andato in fretta e pareva eccitato; aveva con sé l'equipaggiamento di uno dei soggetti pietrificati, una sacca dorata (e se potessimo ricordarcene lo identificheremmo come Drayleh).

Stiamo per attraversare il portale e tornare a vedere la luce del sole, quando Balthazar infila la testa nello zaino e borbotta qualcosa, che identifichiamo come un incantesimo di Inviare, solo che non sappiamo che cosa né a chi. Il dubbio si scioglie presto, quando il drago fa «Non mi interessa assolutamente», e spiega che il chierico gli aveva proposto un'alleanza. Consci di portare con noi un affidabile compagno pronto a baratterci con un drago cromatico, attraversiamo il portale.

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Ipse dixit

    • Kairos si è appena ricordato di avere con sé un essere elementale quale famiglio. Poi dice al Master: «Lo faccio cadere nel buco», precisando solo in un secondo tempo di riferirsi a un sassolino di cui aveva borbottato tra sé. DM: «Ah, non l'elementale». Kairos: «No, è appena arrivato... sennò sarebbe caduto gridando: "Perchééééééééééé?"».
      Valadriel vuole assicurarsi che il drago, una volta liberato, non si riveli una calamità per il Faerun: «...e non farai male... se non per manutenzione ordinaria». Drago: «Per un anno non divorerò creature intelligenti». Tutti: «Ehi! Questo non ci salva!».
  • 2012-08-21

    Sono un sasso, non ho la forfora!

    Sessione del 13 agosto 2012

    (la data secondo il Calendario delle Valli? A questo punto aspetto di tornare in superficie, casomai dovesse accadere...)

    Nel buio completo del sottosuolo, ci fermiamo per far passare la nausea che ci ha assaliti. Che stavamo facendo? Dove stavamo andando? Ma soprattutto: perché cavolo giriamo al buio nel sottosuolo, che pullula di beholder, elfi scuri, illithid e schifezze assortite? Ma siamo diventati tutti scemi? Seguendo questo filo logico, Valadriel - che essendo umano non vede un accidente - estrae una Verga del Sole dalla sua scorta interminabile e l'accende.

    Ci troviamo all'inizio di una lunga caverna, verso il fondo della quale sappiamo trovarsi la diramazione che ci condurrà alla tana della medusa; pochi minuti di viaggio ci separano dall'incontro, e con un mirabile sfoggio di strategia decidiamo di proteggerci dall'acido, poiché sappiamo che con la medusa dovrebbe esserci anche un drago nero.

    È a questo punto, quando sembriamo degli avventurieri seri, che inizia il balletto dell'equipaggiamento. Il povero Valadriel, infatti, che apre il gruppo, sta cercando una soluzione per tenere in mano contemporaneamente la spada, la Verga del Sole, e lo specchietto che gli permetterà di non trasformarsi in un grosso fermacarte non appena incrocerà lo sguardo della nemica.

    Il paladino si balocca un po' con varie alternative - «spada a destra, verga a sinistra, fpecccsshiho in hoccaaaahhh... no, sput, così no. Spada a destra, specchio a sinistra e verga in bocc... ehm, no, già dicono che sono un paladino metrosexual...» - poi si gira e intravede la soluzione: l'ignaro Faelar, che stava amenamente facendosi i fatti propri. «Tu!» gli fa Valadriel. «Tu porti la Verga, mi fai luce, io vedo la medusa con lo specchietto e la colpisco con la spada! È un piano perfetto!». Il chierico di Io accetta di buon grado il ruolo di portaspecchi, riflettendo sul fatto che dopotutto è finalmente qualcosa di diverso rispetto a quello di sartina che di solito gli compete quando Valadriel deve indossare di fretta l'armatura.

    Avanziamo cauti, silenziosi, prudenti e illuminati a giorno dalla Verga del Sole retta da Faelar. La caverna è piuttosto accogliente - per gli standard di una caverna, in ogni caso - e di sicuro interesse per un geologo, qualora tra di noi ce ne fosse uno: sulle pareti si possono infatti distinguere diversi strati di minerali, mentre il fondo è irregolare e occupato da diversi frammenti di roccia; inoltre, qua e là vi sono degli spuntoni che sorgono dal pavimento. Concordiamo sul fatto che sarebbe poco igienico mettersi a correre, e proseguiamo con nonchalance finché un forte odore pungente, forse di acido, ci solletica le narici.

    Arriviamo di fronte a un buco nella parete di roccia che dà su un cunicolo, il quale scende ripido; abbiamo l'impressione che la tana si trovi proprio in quella direzione - ci pare di aver già fatto questa strada, ma non riusciamo a ricordare - e che invece il portale dal quale siamo arrivati sia più avanti nella caverna principale.

    Alla menzione della vicinanza della tana Balthazar diventa immediatamente invisibile, così che dal nulla possiamo sentire provenire un borbottio soffocato quando il chierico di Kelemvor si ricorda che al drago della sua invisibilità non può fregare di meno. Scena standard, insomma. Intanto Faelar e Valadriel danno un'occhiata di sotto utilizzando lo specchio - ché, senza specchio, se ci fosse stata la medusa ad attenderli sarebbero letteralmente rimasti di sasso - e constatato che la zona è sicura iniziano a scendere, aiutati da provvidi incantesimi di Volare. Anche Kristel scende in volo, Balthazar - sempre invisibile - utilizza le sue puffosissime pantofole del ragno rosa con ponpon che sfoggia da quando ha perso un piede tempo fa (poi rigenerato) mentre lo Scuro dà prova di uno dei propri poteri facendosi spuntare un paio d'ali e calando al grido di «Sono il conte Dracula!». Forse al drago non piacciono i vampiri, forse gli veniva soltanto da starnutire, il risultato è che un fiotto d'acido ci investe quasi tutti, dimostrando che a) abbiamo fatto bene a proteggerci dall'acido b) c'è qualche altro burlone che ama rendersi invisibile oltre a Balthazar.

    Proseguiamo in un ordine che è la variante base della posizione da fulmine magico (tutti in fila tranne uno, che infatti si salva dal soffio del drago) e proseguiamo come se nulla fosse accaduto, approdando in uno spazio più largo, in fondo al quale si trova una grande apertura.

    Nell'antro che succede all'apertura, una decina di statue punteggia il pavimento; di queste, però, soltanto tre sono completamente integre: le altre giacciono a pezzi.

    La prima statua ritra un uomo abbigliato con lunghe vesti, inginocchiato con il volto rivolto verso l'alto, e la cui espressione è sconvolta dall'orrore, quella che generalmente assumiamo noi quando la psionica di turno annuncia di voler lanciare Balzo Temporale o, peggio ancora, Teletrasporto. Ai piedi dell'uomo - o quello che è - giace un bastone.

    Le altre due statue sono invece in piedi. L'una ritrae un umanoide piuttosto grande, con tratti rozzi e che indossa quella che pare una robustissima armatura, mentre un grosso martello giace poggiato al suolo. A differenza del primo figuro, questo ci è familiare; il che è strano, dato che ci sembra più probabile che a conoscerci sia qualcuno il cui volto è una maschera d'orrore anziché uno che è stato pietrificato con un'espressione serena; o forse no: quella che abbiamo scambiato per serenità potrebbe essere solo la rassegnata consapevolezza di chi conosce a fondo l'inettitudine dei propri compagni d'avventura. E il suo stato attuale ne sarebbe la prova.

    Un modo per risolvere il dilemma ci sarebbe - i chierici hanno preparato Spezzare incantamento mica per niente - ma prima è il caso di dare un'occhiata alla terza statua. Anche questa ci è familiare, e ritrae come la prima un uomo abbigliato in lunghe vesti, ma senza l'espressione d'ordinanza. Il che, se la nostra teoria è buona, lo qualifica in effetti come nostro compagno.

    Conclusa la ricognizione, first things first, come dicono nel Cormyr. Quindi ci appropriamo immediatamente del bastone, in lucido legno scuro, che ha tutta l'aria di un classico bastone magico, tanto da portare sulla cima un globo sfaccettato (una pietra dura grande quasi come un pugno, molto apprezzata dai maghi), che arde all'interno di decine di scintillanti colori differenti, racchiuso in un artiglio dorato. E, in piccolo, un'incisione: Raistlin was here.

    Sistemate le questioni urgenti, ci dedichiamo alla depietrificaizone. Inizia Balthazar, che raccoglie tutto il proprio potere e lo usa per liberare il tizio con il martellone: la magia l'avvolge, lo circonda, lo penetra, mantiene unita tutta la galassia e libera il poveretto. O ci prova. A dirla, tutta, inizialmente non pare avere effetto: la pelle del tizio in questione sembra proprio rimanere di pietra; però questi, scriocchiolando, si muove e pare trovare normale essere fatto di granito con inserti in onice, e la cosa muore lì. Faelar si occupa di spietrificare il secondo compagno, e sembra avere un effetto più evidente del collega: stavolta c'è una pelle color pelle, tanto per dirne una.

    Facciamo - o rifacciamo - conoscenza con i due: sono davvero due nostri compagni: quello che pare fatto di pietra solo perché è davvero fatto di pietra è Golia il Goliath (e in un lampo capiamo perché sia stato cacciato dalla sua gente), mentre l'altro è Kairos, l'altro psionico (oltre a Kristel, che è arrivata dopo Keira... devo aggiungere altro?) che faceva parte del gruppo. Tra l'altro, con un avido luccichio negli occhi, Kairos sospetta che il bastone sia suo, mentre Golia si butta a recuperare il martello di cui è tanto orgoglioso e che - ci racconta - ha pagato uno sproposito.

    Il problema è il terzo essere pietrificato. Per evitare di farci prendere per il naso - cosa che capita con regolarità intestinale - Balthazar provvede a lanciare Zona di Verità intorno alla statua prima di annullare l'effetto dello sguardo della medusa. L'idea è buona, l'esecuzione un po' meno. Intanto perché gli incantesimi del chierico devono essere scaduti, e anche da tanto, perché pure questo sembra continuare ad avere la pelle di pietra. Poi perché, non appena cessa l'effetto della pietrificazione, le numerose ferite che costellano il corpo del poveretto (e che abbiamo con leggerezza ignorato sinora) riprendono istantaneamente a sanguinare copiosamente e perché, mentre notiamo che i suoi occhi sono stati bruciati da qualcosa, il tizio si accascia, ormai cadavere.

    Di fronte a un corpo quasi certamente privo di ogni funzione vitale e con molti più orifizi (e dalla forma più irregolare) di quanti dovrebbero essercene riteniamo sia fin troppo utilizzare un Cura ferite leggere da bacchetta per sincerarci della condizione di defunto di quello che, se solo potessimo ricordarcelo, potremmo piangere come Drayleh.

    Dopo pochi attimi il cadavere si sgretola, ponendo fine per sempre alla questione. Quindi, facendo sfoggio di strategia per ben due volte in un giorno, Balthazar spiega il proprio piano al collega: lui diventerà invisibile, e Faelar lancerà un Blocca persone (gentilmente fornito su pergamena) sulla medusa, che quindi sarà alla nostra mercé. Certo, detta così ora sembra meno brillante di quanto sembrasse allora, ma in fondo non è che la strategia sia il nostro punto di forza, no?

    Non abbiamo in ogni caso il tempo materiale di discutere il piano: due statue apparse da non si sa dove iniziano ad attaccarci, ma fortunatamente devono essere fatte di gesso, perché la prima va in pezze piuttosto rapidamente. La seconda, per quanto messa male, ci dà un po' più filo da torcere, aiutata da un provvidenziale (per lei) crollo del soffitto. Per porre fine alla questione, lo Scuro decide di tentare il tutto per tutto: si sposta di lato, si prepara, si lancia in carica contro il nemico... quindi inciampa, cade, rotola, si fa malissimo. Si vergogna tanto. Valadriel e Golia si incaricano di porre fine alla minaccia (la statua, non lo Scuro, che onestamente in questo momento non rappresenta una minaccia per nessuno).

    Avanziamo lenti, rallentati dal crollo del soffitto, e arriviamo a un bivio. Un tunnel va verso l'alto, l'altro verso il basso; non disponendo di un Gandalf, seguiamo Golia, che decide di scendere. Sappiamo d'aver fatto una vaccata nel momento stesso in cui l'ultimo varca l'apertura, poiché un nuovo fiotto d'acido ci coglie alle spalle, mentre il drago e la medusa (in armatura e armata di pugnale, nientemeno) finalmente si palesano.

    La prima a cogliere l'occasione per fare qualcosa è Kristel, che... sì, esatto, Balzo temporale. Ma dato che c'è una giustizia divina anche per gli psionici, stavolta le va molto male (e solo a lei, incredibilmente): il potere non ha effetto, in compenso la nostra compagna si accascia a terra gridando e tenendosi la testa, mentre dalle orecchie, dal naso e dalla bocca cola sangue; il cristallo del bastone di Kairos, intanto, brilla.

    Balthazar si teletrasporta alle spalle del drago e resta invisibile, Valadriel si arma di specchio e si prepara alla tenzone e lo Scuro attacca il drago, che svanisce all'istante. Faelar prova a lanciare con scarsa convinzione una Guarigione su Kristel; il sanguinamento cessa, ma la psionica non dà segno di ripresa, a parte il fatto che ora pare respirare regolarmente. Forse conviene mettere una marcia più bassa.

    Golia, intanto, spaventato dalla fine di Kristel e individuato il responsabile di tale fato nel bastone, brandisce il proprio martello e colpisce detto bastone, sicuro della potenza della propria arma. E sbagliando. Non appena il martello colpisce il bastone, quello va in pezzi: pietra-legno 0-1. Per fortuna Golia dispone di altri due martelloni nel buco portatile, sebbene nessuno di essi sia magico come il primo, del quale peraltro raccoglie con religioso scrupolo tutti i pezzi.

    Valadriel riesce a colpire la medusa, che svanisce, e ci sorge il velato sospetto che si tratti soltanto di Immagini illusorie. In mancanza di nemici visibili, decidiamo di proseguire; il problema del trasporto di Kristel viene brillantemente risolto da Kairos che, con una Metamorfosi funesta, trasforma la psionica in una gerbilla. Sì, esatto. Non dite altro.

    Proseguiamo verso il basso per una ventina di metri finché un boato alle nostre spalle coincide con un crollo del soffitto che ci rinchiude in un budello senza uscita. Dato che, però, se c'è una cosa che non ci manca sono gli incantesimi di teletrasporto e affini, torniamo agevolmente nella stanza precedente grazie ai poteri di Kairos. E quindi, come Gandalf avrebbe suggerito fin da subito, è ora di ricominiciare a salire.

    ---

    Ipse dixit

    • Golia si presenta e risponde ai commenti sagaci circa il pietrisco che costella il suo corpo compresa la testa, peraltro priva di capelli, sbottando: «Sono un sasso, non ho la forfora!».
    • Valdriel riassume efficacemente la situazione dopo la dipartita di Drayleh: «A parte quello morto, stiamo tutti bene».
    • Kairos, una mano sulla spalla di Faelar, commenta filosoficamente il tentativo di Guarigione che evidentemente non è riuscito a far sì che la psionica riprendesse i sensi: «L'hai salvata... ma è un vegetale. Non subirà più i critici...».
    • Il crollo del soffitto ci ha bloccati nel tunnel in discesa. Valadriel si rivolge agli incantatori e suggerisce la soluzione: «Ma scusa, ma... Con "porta chittepare un po' più avanti"...?».

    2012-08-05

    La nuova avventura: L'ombra del male

    Il vero inizio della storia (tutto il resto è stato solo un prologo, un prolisso prologo)

    Per un breve istante vi sentite disorientati, come se il mondo fossse stato scosso attorno a voi, e il pavimento della caverna avesse ondeggiato paurosamente, rischiando di farvi cadere in ginocchio. Ma è stato solo un attimo, ora le vostre gambe sono di nuovo salde e siete di nuovo in cammino verso... verso...

    .. ah, si, un altro momento di smarrimento (nel buio è comprensibile)...

    ... verso il luogo dove i vostri compagni sono in attesa di soccorsi, una caverna poco distante, se ricordate ("ricordare": perchè questa parola vi sembra così "urgente"?) bene il percorso fatto.

    Certo, non avete ancora chiaro perchè siete finiti quaggiù, ma questo è un altro discorso, un discorso che brucia di odio verso la creatura/entità/cosa che si è impossessata di voi, di ciascuno di voi, strappandolo alla propria casa, al proprio dovere. Affronterete questo discorso quando anche coloro che sono ancora in pericolo saranno stati salvati: del resto, le cose urgenti hanno la precedenza.

    La cosa che vi ha spinti quaggiù vi ha lasciato da poco (quanto? meno di un giorno, di sicuro), ma già l'impressione di esssere "sporchi dentro", macchiati da qualcosa di invisibile (quella strana sagoma fredda e fumosa, che osservavate affiorare a volte dai visi e dai corpi degli altri), sta passando. Così come la maggior parte dei ricordi di quei giorni d'inferno: avanti, avanti, sempre avanti, con un obiettivo che non era il vostro, affrontando i pericoli di una città di morti, vedendo i propri compagni (non compagni per scelta vostra, ma solo per necessità, poichè chi vi ha "reclutato" non ha certo chiesto il vostro permesso, per invadere il vostro spirito) feriti, a volte fatti a pezzi, combattendo creature d'incubo e cercando di superare trappole altrettanto pericolose... In mezzo a cripte e sarcofagi, scalando i fianchi di mausolei e gigantesche tombe di pietra nera, affacciati su un lago di acido...

    Avete ancora negli occhi (forse la creatura che vi ha "profanato" non è stata tanto misericordiosa da portarsi via questo ricordo) l'immagine di una massa di carne putrescente che si alzava e vi inseguiva, poichè voi avevate rubato (forse non il primo dei furti di cui vi siete macchiati) la sua preziosa corona... e un mastodontico serpente di ossa, a guardia di ... anelli? bracciali? chiavi? (ricordate solo che si trattava di oggetti d'oro, e sono stati la via per giungere alla fine di quell'incubo). E ancora spiriti, e il volto ghignante di un vampiro, e due statue di lupo, il cui potere ancora vi perseguiterà, e infine, forse la più orribile di tutte, l'immagine di quella massa di tentacoli, e occhi, e bocche, gelatinosa e sbavante, che ha fatto a brandelli uno di voi...

    Queste però sono solo dei fotogrammi, sconnessi e separati uno dall'altro: ricostruiscono una storia, ma lasciano molti spazi bui...

    Del viaggio che vi ha portato fino al sottosuolo, dalle vostre dimore di luce, ad esempio, ricordate pochissimo: un gelo improvviso, nella notte, un portale luminoso aperto dalle vostre mani (mani che però non erano più guidate da voi), la strada di un paese in una frontiera desolata (avete la spiacevole impressione che non vi siate lasciati in buoni rapporti con gli abitanti di quel paese.. del resto non eravate voi ad agire, ma quella "cosa", nel vostro corpo e nella vostra mente, più forte di ogni altra volontà che abbbate mai affrontato...) e poi di nuovo un portale, questa volta oscuro, che vi ha condotti "giù". E nella vostra mente l'immagine delle due tavole che la "cosa" voleva, che desiderava con tutta la sua gelida essenza, che vi ha costretto a rubare al suo posto.

    E così ora siete dei ladri (eppure avete l'impressione di esservi macchiati di altri crimini...), anche se non per vostra volontà, e per di più siete stati usati come "merce di scambio": infatti i corpi dei vostri compagni sono stati offerti all'abominio contro cui vi state muovendo ora, in cambio delle informazioni per arrivare alla necropoli, ed a un "passaggio" per quella creatura (non l'avete mai vista in viso, ma ricordate il flessuoso corpo di una donna formosa, una pelle coperta di scaglie nere, e qualcosa che sibilava sotto un profondo cappuccio) lontano dai propri nemici.

    Lo spirito (spettro? fantasma? siete sicuri che fosse una creatura non morta, solo il sepolcro può essere così freddo come ciò che avete provato quando era dentro di voi) che vi guidava sembrava sapere molto bene chi e cosa voleva, tanto da scovare quell'essere serpentino (una medusa? aveva però qualcosa di strano, ed era accompagnata da un "piccolo" drago nero...), cavargli fuori l'informazione (la medusa era inconsapevole del valore di quanto sapeva, ma ha trattato con maestria, per il proprio tornaconto, e del resto lo "spettro" non si è dimostrato avaro, con i corpi dei vostri compagni) e poi portarla qui ed andare (con quelli di voi rimasti) per la sua/vostra strada.

    Fate fatica a richiamare i dettagli, la testa vi duole, mentre cercate di separare ricordi, pensieri, desideri, e capire quali fossero vostri e quali invece di quello spirito immondo.

    Salvare i compagni dalla medusa, questo siete sicuri che sia un vostro proposito (anche se forse sicuri è una parola "forte"...). Tornare in superficie, anche di questo siete "sicuri". E forse ricostruire il percorso seguito da quando siete stati strappati alle vostre case e capire cosa avete fatto, a chi e perchè, e quale sia l'effettivo valore di quanto avete consegnato nelle mani di quello spirito dannato (avete solo una vaga idea di cosa sapeva quell'essere, delle tavole di pietra chiamate "Le parole dell'oracolo")...

    E infine, in alcuni di voi infuria anche il fuoco della vendetta, contro quella creatura non morta...

    2012-08-03

    The Greatest Faerûnian Heroes

    Sessione del 1° Agosto 2012

    Indossate delle tuniche grigie e abbandonato l'intero equipaggiamento - tranne la corona e i bracciali, ça va sans dire - veniamo condotti nuovamente verso la città, attraversando la quale diventiamo, come già la volta precedente, l'attrazione principale di questo luogo altrimenti noiosissimo, se si eccettuano sparuti non morti di potenza inaudita che prendono possesso delle autorità cittadine.

    La nostra destinazione è un grande appartamento composto da un grande locale comune - dove ci aspetta del cibo di natura sconosciuta ma, a conti fatti, commestibile - e alcune stanzette più piccole. Ci conviene far onore al parco banchetto finché ancora possiamo: entro qualche ora i Giudici stabiliranno quale debba essere il nostro destino; nel frattempo ci è vietato fare uso di qualunque incantesimo o capacità magica (o poteri psionici, se è per quello). Qualora avessimo bisogno di qualcosa non dovremmo fare altro che bussare sulla porta e sperare ansiosamente che qualcuno, se siamo fortunati entro i successivi sei mesi, ci risponda, sempre che non siamo morti prima. Un po' come prendere un appuntamento in ospedale.

    Dopo tre o quattro ore il camino si accende spontaneamente e le luci si abbassano; nel focolare però non appare il viso di Sirius Black, e soltanto dopo un altro paio d'ore la porta si riapre: entrano due Men In Black e, naturalmente, Lady Furiyama, seguita da Jhubal.

    «Presentatevi al giudizio e siate pronti a rispondere delle vostre azioni» esordisce un Man In Black, e noi come al solito non possiamo fare altro che obbedirgli. La Lady prende la parola; il suo eloquio denota quello stile forbito ed elegante che hanno soltanto le delibere del sindaco: «Dopo lunghe discussioni e aver tutto considerato e indagato, il Consiglio ha stabilito che siete colpevoli agli occhi della città». Quindi fa una pausa a effetto, vede il nostro colorito sbiancare, e prosegue: «La discussione circa l'entità della vostra colpa si è protratta a lungo: meriteste la morte, ma vi ritrovate anche in una situazione speciale. La vostra mancanza di conoscenza della nostra civiltà e il fatto che probabilmente eravate sotto il controllo di un'entità più forte della vostra volontà hanno fatto sì che prevalesse un'interpretazione diversa della legge, interpretazione che io non condivido ma che è stata perorata da Jhubal. Voi non siete considerati quindi colpevoli diretti, ma meri esecutori di ordini: pertanto, la pena diminuisce drasticamente».

    Siamo così contenti di non dover perdere le nostre preziose testi che ci asteniamo dal far notare come, per quante allusioni Lady Spocchiosa possa fare circa la nostra debole volontà, il primo a cadere sotto il Visage è stato uno della sua gente. Per dire che sappiamo anche essere educati, a volte e se è in gioco la nostra stessa esistenza.

    Resta un problema: tramite Drayleh abbiamo avuto accesso ad alcuni dei segreti della città e abbiamo avuto a che fare con artefatti di primario interesse per i Lord. Il Consiglio, però, ha trovato la soluzone al dilemma, e tale soluzione consiste in una proposta di collaborazione: loro ci offrono la vita, la libertà e qualche informazione che potrebbe tornarci utile. In cambio noi dobbiamo rinunciare ai bracciali. Potremmo sempre non accettare: nel qual caso gli Imaskariani si riprenderebbero i bracciali senza consegnarci né le informazioni, né la libertà, né tantomeno la vita. Di fronte a una proposta così allettante, nuovamente accettiamo con gioia.

    Lady Furiyama, un po' delusa, ci spiega che quando lasceremo la città non avremo memoria di quanto successo né, se è per questo, crederemo all'esistenza stessa di Imaskar. Possiederemo soltanto dei ricordi molto parziali e fortemente deformati: in pratica, lo stesso effetto che subiscono i nostri ricordi già normalmente, senza bisogno di interventi magici. Ricorderemo lo scontro col traditore e poco più, ma in compenso avremo nuovamente lo Scuro con noi, perché ci insegneranno come riportarlo in vita tramite la corona.

    Un'ultimo dettaglio la Lady tiene a precisare: la nostra presenza in questo luogo è un evento insolito ma probabilmente non del tutto casuale; se vogliamo approfondire la conoscenza della creatura che ha causato tutto ciò, la signora ci consiglia di fare molta attenzione perché, se davvero possiede le Parole, potremmo passare guai molto seri. D'altra parte, forse le Parole stesse potranno aiutarci a liberarci della maledizione che tuttora pende su di noi e contro la quale qui non possono fare nulla: la natura della maledizione è tale, infatti, che nel presente non è annullabile, perché nel presente in realtà non esiste.

    Per riportare in vita lo Scuro, gli Imaskariani insegneranno al Paladino le parole di comando necessarie, e gli consegneranno anche uno degli scettri degli arcimaghi del passato, anch'esso legato alla corona, e che permetterà di estendere il controllo della corona al di là della vita, oltre che di levare i bracciali; certo non sarà un'esperienza piacevole, come il ghigno dipinto sul volto della Lady ci conferma. Dopo aver consegnato una pergamena con le istruzioni e un paio d'occhiali a Valadriel, Lady Furiyama si congeda.

    Il giorno successivo, ricevuto lo scettro (una verga dorata costellata di pietre preziose non tagliate), Valadriel procede seguendo il manuale che gli è stato dato e che, a differenza di Ralph, non ha perso. Valadriel impugna lo scettro e immediatamente i servi superstiti sentono una forza dentro che neanche loro sanno come, ma niente fruppé; in compenso sarebbero pronti ad affrontare qualsiasi pericolo. I pezzi di ciò che era stato il drow si riavvicinano e si ricompongono: l'avvertimento secondo il quale ogni pezzo mancante sarebbe mancato anche nel redivivo Scuro ci fa accarezzare l'idea di uno scherzone (pensa che faccia farà se si risveglia circonciso alla bell'e meglio) ma curiosamente alla fine prevale il buonsenso. Come seconda azione, Valadriel, scettro in pugno, desidera che i bracciali vengano rimossi; la gioia che gli altri provano è di breve durata, subito sostituita dall'orribile sensazione che qualcuno stia staccando i maledetti bracciali con una spatola direttamente dalle loro ossa. Alla fine, però, i quattro si ritrovano vivi, sanguinanti, e un po' più deboli, avendo perso 1 punto di FOR, 2 punti di DES e 2 punti di COS.

    Anche lo Scuro è malconcio, dolorante ma inequivocabilmente vivo. Il problema, invece, è il paladino: si sente le mani sporche che neanche Lady Macbeth, e sa già che dovrà pagare per quanto ha fatto, seppure in buona fede. I servitori di Lady Furiyama, intanto, recuperano bracciali e corona, mentre a noialtri resta una vistosa cicatrice sul braccio.

    Infine, è la volta di ricevere le informazioni promesse. La prima riguarda la strada che abbiamo fatto: gli Imaskariani hanno appurato che veniamo dalla superficie (ma non mi dire) e che abbiamo usato un portale per arrivare sin qui; ce lo possono indicare, e ci dicono che la chiave per aprirlo è un fiore di pietra nera. Hanno anche una vaga idea della città e della strada in cui ci trovavamo prima di attraversare il portale: eravamo a Mulptan, nel regno di Rashemen. La seconda riguarda i dintorni della città di Imaskar: gli esploratori inviati all'esterno a causa degli avvenimenti di questi giorni hanno trovato altri stranieri, e certamente non è un caso; l'ipotesi è che facessero parte del nostro gruppo, quale che fosse. Certo non si muoveranno da dove sono, poiché sono stati pietrificati da una medusa, nella cui tana si trovano. Di tutti quelli pietrificati, sono rimaste intere soltanto tre statue.

    Concluso il contratto, Lady Furiyama è così contenta del fatto che stiamo per andarcene da concederci ancora una notte per preparaci allo scontro con la medusa che, se quelli sono davvero i nostri compagni, a questo punto si profila inevitabile. Il giorno successivo lasciamo finalmente e definitivamente la città di Imaskar.

    2012-08-02

    Arcimaghi? Arcipicchia!

    Frammenti della puntata precedente (alla quale lo storico era assente)

    Per la notte, Drayleh assegna a ciascuno una camera. Siamo tutti pronti a dormire il sonno dei giusti quando il fantasma di un vecchio barbogio pensa bene di interferire con i nostri sogni, spiegandoci con dovizia di particolari che, in buona sostanza, sinora ci hanno preso per il naso.

    Incuriositi e preoccupati, ci guardiamo bene dall'apostrofare il fantasma con l'epiteto di cui sopra, e scopriamo di aver fatto molto bene: si tratta infatti di ciò che resta di Ilfemon, il mago che ha creato la città e il sigillo, incidentalmente sacrificando la propria vita nel processo. Il bello è che - non si capisce se volente o nolente - è rimasto bloccato qui sotto, e così di tanto in tanto si diverte a dispensare consigli a coloro i quali stanno per fare una brutta fine, tipo noi. Infatti tra gli avvertimenti di Ilfemon spicca la previsione di una nostra morte imminente se solo saremo così sciocchi da seguire Drayleh e presentarci al cospetto del Lord. Il Custode degli Approcci - sostiene il fantasma - ci ha mentito su pressoché ogni cosa, salvo un particolare cruciale: le tavole che abbiamo sottratto sono davvero potenti come ci ha lasciato intendere (e concedono il proprio potere a chi le possiede); il guaio è che, proprio per questo, sarebbe stato meglio se fossero rimaste al loro posto. Giusto perché le cattive notizie non vengono mai da sole, Ilfemon ci informa anche del fatto che ogni tentativo di togliere i bracciali sarà vano; qualora anche decidessimo di tagliarci un braccio (nella speranza di poterlo rigenerare in seguito) scopriremo soltanto che il braccio non ricresce. E che saremo ancora legati alla corona.
    Ma non è finita qui: le forme indistinte ma minacciose che abbiamo sognato alzarsi dai golem che abbiamo distrutto nella stanza coi sarcofagi sono con tutta probabilità il frutto della potente maledizione posta a difesa delle tavolette, e con tutta probabilità ora ci stanno dando la caccia. La chiacchierata si conclude con Ilfemon che ci dà un nome che identifica l'unica persona in città di cui possiamo fidarci - Tetisjenja - esegnala di non aver mai percepito la nostra presenza in città prima di questa notte; quindi è praticamente sicuro che noi non siamo stati qui.

    Sessione del 15 luglio 2012

    Ci ritroviamo tutti in un'enorme stanza grigia. Ma quel che è peggio è che siamo in pigiama, mentre qualcosa che non vediamo produce strani rumori e, all'improvviso, afferra Kristel. Mentre ci sparpagliamo per cercare di fuggire al mostro invisibile, notiamo che il nostro equipaggiamento è tutto qui, anche se evidentemente serve del tempo per indossarlo. Ci balocchiamo un po' con l'idea di passare molti round a prepararci per bene al combattimento, ma il mostro non è del nostro stesso parere: afferra lo Scuro e con uno strattone ben dato lo fa a pezzi.

    Tocca intervenire. Balthazar ci porta in condizioni di relativa parità con l'avversario Epurando l'invisibilità nella zona dove giacciono i resti del nostro compagno, e il nemico diventa effettivamente visibile. Solo che avremmo preferito non vederlo. È una Bestia Lunare, una sorta di enorme (è alta 9 metri e larga 4,5) e disgustosa oloturia con un imbarazzante numero di tentacoli, occhi e bocche in sovrappiù. La sorte premia Faelar due volte: la prima rendendolo il primo ad agire dopo il collega chierico, e la seconda facendo sì che la sua Distruzione lanciata senza troppo convincimento riduca alla ragione - o, meglio, a un mucchietto di cenere - la Bestia Lunare.

    Sconfitto il pericolo immediato, mentre Valadriel raccoglie i poveri resti dello Scuro procediamo a rivestirci. Non facciamo però in tempo a chiederci dove accidenti siamo finiti che un rettangolo a metà della parete si apre, il muro ruota su sé stesso e una sagoma scura si staglia nella luce che entra dall'apertura.

    Questa avanza: è avvolta in lunghe vesti e assomiglia a Drayleh, sebbene sia di questi decisamente più in carne. Tiene le braccia lungo i fianchi e ci osserva, con le sopracciglia aggrottte, per un po'; poi dice qualcosa, ma non lo capiamo. Vedendo le nostre facce perplesse, passa al Comune: «Chi siete? E che cosa fate qui? In città è suonato l'allarma a causa di un intruso - o di più intrusi». Siamo in una botte di ferro: *a noi* ci hanno invitati pensiamo. Errore. Facciamo appena in tempo a dire «Siamo stati invitati da Drayleh» che il misterioso ospite fa una faccia strana, tipo «Ecco, per andare peggio poteva andare solo così», ci dice «Attendete qui» e, per essere sicuro che non ci venga in mente di disobbedirgli, ci imprigiona in una sorta di massa gelatinosa. Quindi se ne va.

    Torna dopo pochi minuti, ma non è solo. Con lui ci sono diverse persone: sei vestite con lunghe tuniche nere bordate d'argento e una donna molto alta e bellissima, con occhi profondi e neri. I sei ci circondano e la donna avanza verso di noi, tuttora presissimi dal ruolo appena assunto di Carne Simmenthal: «Vi consiglio di non fare alcuna mossa e di non parlare. La vostra presenza qui è già sufficiente per condannarvi a morte, ma quello che avete detto per ora vi tiene in vita. Ora toglieremo l'incantesimo che vi tiene prigionieri, ma le guardie sono pronte a reagire, se sarà necessario».

    La donna si presenta come Lady Furiyama Selovan, e dice di essere uno dei Lord della città; l'uomo tracagnotto è invece Jhubal Tetisjenja (lontano parente di Jumba Jookiba, pare), al suono del cui cognome trasaliamo compostamente (metti mai che la Fujiyama erutti). Vuole sapere innanzitutto dove si trovi Drayleh, ma purtroppo in questo non possiamo aiutarla, ché ne sappiamo quanto lei; ci convince amorevolmente allora a sottoporci a un interrogatorio in piena regola, condotto con incantesimi che garantiranno la nostra onestà.

    Per farla breve, durante l'interrogatorio caliamo completamente le braghe, raccontando tutta la storia così come la sappiamo; nel frattempo i sei Men In Black, gentilissimi (per quanto il loro aspetto ricordi da vicino quello dei boia), raccolgono lo Scuro e lo mettono in una scatola extradimensionale. Ora è un drow tascabile. Proprio comodo.

    Veniamo condotti in un luogo che conosciamo - il Palazzo di Giustizia, che poi è il prato dove Drayleh ci ha accolti - e veniamo imprigionati in gabbie invisibili, singole, senza servizi e anche un po' strettine. Dopo aver ottenuto le informazioni fondamentali se ne vanno tutti, tranne Jhubal.

    Questi estrae da non si capisce dove un seggiolino pieghevole (il che ci lascia pensare che Jhubal sia la particolare versione dei Forgotten Realms del nostro ex compagno di gioco Sigmud, che gira per i treni armato di seggiolino pieghevole nello zaino, lasciando a bocca aperta gli astanti perché in questo modo riesce a sedersi *sempre*, anche quando la carrozza è affollata, soprattutto se la carrozza è affollata) e si mette paziente a leggere un libro.

    Non fa in tempo ad attaccare la prima riga che Balthazar, il quale finora s'è lamentato di tutto - dal trattamento ricevuto alle unghie spezzate - inizia a fare conversazione o, per essere più precisi, a inframmezzare una valanga di acide frecciatine rivolte ai nostri carcerieri con porzioni di dialogo educato. Fortunatamente, Jhubal è un tipo gentile e affamato di informazioni circa il mondo esterno.

    Scopriamo che il nostro Tetisjenja è in effetti un esperto del mondo esterno, sebbene le sue conoscenze risalgano a circa 15 anni fa (per lo meno quelle sul Cormyr, regione sulla quale intrattiene un dialogo con Valadriel - con Balthazar non si può, sta brontolando. E poi viene dalle Valli). Durante la chiacchierata ci fa sapere che fino a prima di sparire Drayleh era sul punto di venire destituito dal proprio incarico, ma non ci può dire altro sull'argomento. Quando poi nominiamo Ilfemon si rabbuia e ci sconsiglia di parlarne apertamente: dice solo che in città si litiga persino sull'ipotesi se sia davvero uno spettro oppure no. Proviamo a scavare un po', scoprendo che Jhubal è uno dei pochi che parla con una certa regolarità con Ilfemon, il quale poverino non deve avere un'agenda telefonica particolarmente ricca, ed è per quello che è stato tra i primi ad arrivare da noi.

    Ricaviamo anche qualche informazione sulla città. Scopriamo che Imaskar è retta da tre Lord: il Pianificatore (Illuskendarin), l'Apprehender e la Signora delle Azioni (che poi + Lady Furiyama); Jhubal ci mette in guardia dicendoci che quest'ultima non è una donna facile, né gentile, né particolarmente umana.

    La stanza in cui ci siamo trovati a combattere contro la Bestia Lunare fa parte di quella che era la dimora di Drayleh; "era" perché Drayleh stesso l'ha abbandonata in tutta fretta la notte precedente. E dato che le dimore degli abitanti di Imaskar dipendono per il loro aspetto e la loro conformazione, per lo meno in parte, dai loro proprietari, tutto quello che ci è apparso dopo la partenza del Custode degli Approcci non poteva essere che un'enorme stanza spoglia.

    A questo punto torna la Signora, accompagnata da due boia. Ci fanno altre domande, poi Lady Furiyama ci dice che noi non siamo mai stati prima in città: siamo i primi esterni a farlo da circa 400 anni. Ci mostra le ultime immagini di Drayleh all'interno della città, evocandole per magia. Ossia, cinema! Ci godiamo Drayleh che avanza lungo un corridoio oscuro preparando un elaboratissimo incantesimo; la sua immagine diventa sempre più luminosa e lascia una specie di scia mentre avanza e sparisce attraversando un muro. Al di là del muro si trova una stanza, in cui Drayleh si muove; il particolare che ci sconcerta riguarda però il suo volto: su di esso appare e scompare quello che sembra un altro volto, ma dotato di una consistenza che definiremmo "fumosa", in mancanza di parole più adatte.

    «Dove sarà mai andato Drayleh di bello?» ci chiediamo. La risposta è tutt'altro che bella, poiché il Custode si è introdotto nella volta dove si trova la terza tavoletta, e l'ha rubata.

    Stando alle indagini degli Imaskariani, Drayleh stesso ci ha dato il disco che ci ha permesso di tornare qui uscendo dalla città, e non facendo entrare noi; poteva farlo, poiché era uno dei quattro a poter varcare il sigillo. Le tavolette - apprendiamo - erano state allontanate dalla città perché questi potenti oggetti di divinazione, che permettono di scrutare il passato e il futuro, avrebbero interferito con la costruzione del sigillo.

    Rassegnati ormai ad aver svolto un ruolo chiave in un maestoso piano criminale, consegnamo i resti del disco e la scatola perché siano esaminati. La Lady, che evidentemente è in vena di chiacchiere, alle nostre domande circa il perché non ci ricordiamo nulla della storia così come ce l'ha appena raccontata risponde che anche altri in città hanno di recente sofferto di perdite di memoria simili alle nostre; alcuni hanno perso interi giorni, e questi "alcuni" sono soprattutto persone che avevano conoscenze chiave circa la posizione della necropoli e sulla natura degli oggetti che così gentilmente noi abbiamo poi recuperato. L'ultima divinazione lanciata dal pool di Imaskar pulita ha rivelto che Drayleh deve essere morto.

    Quanto alla nebbia che abbiamo visto sul suo volto, ipotizzano che si tratti di un Visage, una creatura non-morta incorporea capace di possedere e controllare gli individui; l'effetto collaterale di questa possessione è, per l'appunto, l'amnesia. Eppure Lady Furiyama non ha mai sentito parlare di un Visage così potente.

    A questo punto, diventa più che probabile che anche noi siamo stati posseduti dal Visage, o qualcosa del genere; anzi, la nostra presenza qui deve spiegarsi col fatto che è stato lui a cercarci e sceglierci apposta.

    Concluso lo scambio di informazioni, non resta che decidere che fare: il problema è che nel nostro futuro è ravvisabile una condanna a morte per aver sconfinato in città, particolare seguito da vicino (in ordine di importanza) dal fatto che siamo tuttora prigionieri delle gabbie. La nostra priorità principale, tuttavia, al momento è come liberarci della corona e dei bracciali, tantopiù che l'unico che avrebbe voluto tenerselo è morto e non può protestare (bisogna approfittare).

    La morte non ci libererebbe - ci spiegano - mentre proprio per questo la corona potrebbe al contrario essere usata per riportare in vita lo Scuro. Liberarsi è difficile e doloroso, ma possibile: basterebbe cambiare corpo. Un tempo questi bracciali erano il segno dei più riveriti serfvitori degli arcimaghi Imaskariani.

    La questione più immediata è tuttavia molto più semplice: farci secchi oppure no? I Lord e chi altri decideranno - ci fa sapere la Gentilissima - e noi, nel frattempo, ce ne stiamo buoni buoni qui nelle celle, allietati dalla compagnia di Jhubal.

    La Lady se ne va e per ingannare il tempo Jhubal e Balthazar improvvisano una partita a scacchi; il gioco si rivela particolarmente impegnativo per il mago, perché deve riuscire a giocare malissimo per non dare scacco matto al chierico in due mosse.

    Passano le ore, e finalmente tornano i Men In Black. Il Consiglio ha stabilito» - annunciano - «che nonostante abbiate infranto le nostre leggi non veniate condannati a morte, poiché la vosta presenza qui non è dipesa dalla vostra volontà. Viste le circostanze, sarete liberati da queste prigioni e custoditi in un'altra struttura più comoda, in attesa del giudizio finale; ciò a patto che lasciate qui l'equipaggiamento, che potrete riavere se così deciderà il Consiglio«. Dato che non è previsto un caso in cui non accettiamo la proposta, accettiamo con gioia.

    ---

    Ipse dixit

    • Tia, il giocatore di Balthazar, inganna il tempo tirando dadi da 6 senza uno scopo preciso. Primo tiro: «6!». Secondo tiro:«6! Se esce ancora il sei muoio!». Terzo tiro: «5!». Valadriel: «Mannaggia...»
    • Jhubal chiede se qualcuno voglia giocare a scacchi in attesa del giudizio finale.
      Balthazar (INT 10): «Io! Io! Gioco io!» DM: «No, serve intelligenza...» Balthazar: «Eh, ho 10!» DM: «Contro un mago? Matto in due mosse. Anzi: Jhubal fa avanzare un pedone e i tuoi pezzi scappano dalla scacchiera, gridando "Moriremo tutti!"».

    2012-07-24

    Come cedere l'obiettivo di un'avventura senza ricevere nulla in cambio

    Sessione del 20 giugno 2012

    1 Elesias 1383 + X + 1

    La missione di guardia al frutteto si rivela un incarico di tutto riposo: per tre giorni non facciamo assolutamente nulla se non mangiare, dormire e assistere al concerto di un gruppo locale, i Macigni Rotolanti (non per modo di dire: si tratta davvero di macigni che si muovono in autonomia, fungono da guardiani agli ordini di Mottlegrasp e che, siccome da queste parti succede poco, si tengono occupati dandosi alla musica rock in senso letterale).

    Nonostante l'ozio ci travolga riusciamo persino a scoprire che il focus necessario per tornare al Primo Piano Materiale è un diapason d'acciaio, e ci appuntiamo mentalmente di chiederne uno al nostro ospite quando questi dovesse tornare, cosa che ci auguriamo capiti il più tardi possibile.

    Sfortunatamente, il quarto giorno della nostra permanenza Mottlegrasp decide di ricomparire verso la metà della giornata: guida un mulo carico di casse che poi vengono depositate su dischi luminosi e fluttuano in casa. Il mago ci ringrazia dell'aiuto e s'informa circa i nostri piani, domanda di fronte alla quale restiamo un attimo titubanti: all'improvviso rivelare che pensavamo di restarcene in panciolle a sue spese per il resto dei nostri giorni non pare più un'idea tanto brillante, e cerchiamo di trarci d'impaccio con una frase vacua che ammantiamo di quella che speriamo essere misteriosa importanza. «Forse torneremo da dove siamo venuti, forse no...» buttiamo lì, nella speranza che non voglia farci altre domande. Per sviare il discorso, Balthazar chiede - e ottiene - il diapason tanto agognato.

    A questo punto Valadriel si riscuote e s'apparta per parlare a tu per tu con Mottlegrasp a proposito del disco; il mago non sa di che cosa si tatti, ma si offre di studiarlo per un po': al momento individua soltanto una tenue aura magica di divinazione. L'indomani saprà dirci di più.

    Guadagnato così il diritto di passare qui un'altra notte - per cause di forza maggiore, non certo per la nostra cupida volontà di accaparrarci ancora un po' le comodità messeci a disposizione - ci rechiamo nelle nostre stanze.

    Il ritorno del mago coincide però con la fine della tranquillità. Il riposo è funestato da un sogno che facciamo tutti: ci appare la stanza dei sarcofagi, ormai in rovina e parzialmente sommersa, e riviviamo il combattimento contro i due golem. Poi i resti delle statue si animano e due sagome nere, dai contorni incerti, si levano e paiono diventare grandi come montagne; una sensazione di folle terrore c'invade, prendiamo a fuggire e ci svegliamo.

    Al mattino, Mottlegrasp è pronto a fornirci il proprio rapporto, che è sorprendentemente breve: tutto ciò che il disco fa è trasmettere un segnale quando viene rotto; la parte misteriosa è che non c'è verso di capire a chi sia indirizzato detto segnale.

    A malincuore, capiamo che ormai è giunto il tempo di partire, aiutati in questo dal fatto che il mago ha tutta l'aria di chi ha in serbo un'infinita serie di lavoretti per quanti volessero rimanere a fargli compagnia. E noi, che preferiamo morte certa a qualsiasi tipo di lavoro, capiamo l'antifona al volo.

    Ci allontaniamo di una mezza giornata di cammino, procedendo in direzione del villaggio che si trova a tre giorni di marcia dalla casa di Mottlegrasp. La distanza di sicurezza è stata valutata in maniera tale che, qualunque disgrazia la nostra prossima mossa possa scatenare, difficilmente riesca a raggiungere il Gentile Ospite che tuttavia mai vorremmo vedere adirato perché gli abbiamo involontariamente incenerito il frutteto.

    Tale mossa è, in effetti, potenzialmente pericolosa, dato che non ne conosciamo gli effetti (come di quasi tutto quello che facciamo, a ben pensarci): decidiamo infatti di rompere il disco nutrendo la flebile speranza che il segnale non serva ad attirare su di noi le orde degli inferi.

    Per sicurezza, Valadriel romperà il disco mentre tutti ci terremo stretti a lui. Non appena il paladino compie il gesto, s'ode un tintinnio molto forte, un rintocco armonico, ma poi non succede nulla. Il rintocco però seguita a farsi sentire e la nota che udiamo pare assumere un colore: ci sembra di vedere un suono color verde smeraldo, molto intenso. Mentre ci chiediamo se per caso all'interno del disco non si celasse della roba molto buona, ci accorgiamo che qualcosa si dirige verso di noi a grande velocità: pare uno sciame di schegge luminose che all'ultimo momento si separano; ognuna di esse, di un colore leggermente diverso dall'altra, colpisce uno di noi. Abbagliati dalla luce, ci sentiamo come tirati in tre direzioni diverse.

    Stiamo volando in un luogo oscuro. Attraversiamo velocissimi intricati disegni luminosi e poi, bruscamente, atterriamo barcollando, ancora abbagliati. Quando recuperiamo la vista scopriamo di trovarci su un piacevole e fresco prato verde, dall'erba bassa e ben curata. Intorno a noi vi sono alberi, mentre il cielo azzuro ha uno strano aspetto "slavato"; la cosa più strana, tuttavia, è che non riusciamo a vedere il sole.

    Qualcuno tossicchia alle nostre spalle. Seduta a un basso tavolino di pietra, una figura umanoide alta e allampanata attira la nostra attenzione: pare una statua di candido marmo, ma abbigliata con una lunga veste grigia e con piccole borse che le pendono dalla cintura.

    Quando s'inchina verso di noi e ci dice «Bentornati» capiamo che non è una statua. Non perché statue in grado di muoversi siano una rarità, ma perché generalmente le statue in grado di muoversi ci pestano a sangue, mica ci salutano cordialmente.

    Evidentemente il pallidone ci conosce, ma i nostri sguardi da cernia gli fanno capire immediatamente che noi non ricordiamo lui. «Il vostro ritorno qui avrebbe dovuto farvi ricordare tutto» mormora perplesso l'ospite, il quale rapidamente ci informa che siamo partiti da qui - un luogo in cui nessun "esterno" metteva piede da 3.000 anni - sei giorni prima.

    Ci troviamo - ci viene spiegato apparentemente per la seconda volta - nella grande e magnifica città del Profondo Imaskar. I due chierici e lo Scuro conoscono, almeno di fama, questo nome, e sanno che si trova al di sotto dei continenti di Toril.

    La statua-che-statua-non-è si chiama Drayleh e ci conduce quindi in un posto più tranquillo di questo, che apprendiamo essere la Corte di Giustizia. Prima di andare ci fa bere dei cordiali - un liquore azzurro dall'intenso profumo, molto forte, a base du funghi - preparati apposta per noi e ci indica degli abiti, poggiati sul tavolino, che ci permetteranno di confonderci un po' meglio tra gli abitanti locali.

    Gli abiti sono completi di manto e di cappuccio che, tirato sul volto, l'oscura completamente; comodi, sono fatti di seta pura. L'ultimo dettaglio prima di allontanarci da qui consiste nell'avvolgere con uno spago speciale gli oggetti che forniscono uno spazio extradimensionale: senza questo accorgimento, infatti, se entrassimo in un edificio esploderebbero.

    Ci spostiamo nel palazzo di Drayleh, il quale prende a chiederci già mentre camminiamo delle parole dell'oracolo, usando - notiamo - un linguaggio arcaico. Drayleh ci guida verso due alberi, nello spazio tra i quali l'aria diventa come più scura e lascia intravvedere un corridoio di marmo, sormontato da una volta a botte e decorato con sculture e bassorilievi. Entriamo, e vediamo che due figure, anch'esse simili a statue e delle quali una tiene in mano una lunga verga di legno, ci seguono a una certa distanza.

    Il corridoio termina con dei gradini in discesa; si apre quindi uno spazio, un'enorme caverna. Il paesaggio è costituito da grandi edifici di diverse forme geometriche e tutti policromi; la caverna - stimiamo - dev'essere larga almeno 15 km ed è molto lunga. Gli edifici sono costruiti anche sulle pareti curve, e tra di essi vi sono diverse passerelle; la città è tutt'altro che deserta: notiamo diverse figure che vi si muovono, alcune delle quali volando.

    Sopra le nostre teste notiamo drappeggiati diversi teli e stoffe colorati, resi laceri dal tempo, e sul fondo della caverna una specie di complicato disegno che pare ritrarre un sole e somiglia moltissimo a quello che abbiamo visto sulle porte nella ziqqurat; sembra decisamente un sigillo magico, ma è grande molte centinaia di metri, ed è questo che illumina la caverna.

    Mentre avanziamo, notiamo persone circonfuse da auree luminose e vestite in modi diversi. Giungiamo ai piedi di una torre e iniziamo a salire lungo una scala a chiocciola esterna; poi attraversiamo un arco, quindi un balconcino che si trova ad almeno 20 metri dal suolo e quindi, quando ci siamo completamente persi e stiamo per dare di stomaco, ci fermiamo in una torre larga una dozzina di metri che però include una stanza che misura 10x10 metri; e dà su alcune porte che contengono altrettante stanze. Mentre stiamo sospettando di aver sbagliato avventura e di essere finiti in un TARDIS, prendiamo nota dell'arredamento - siamo in quello che pare un enorme atrio, ornato con statue, colonne e stoffe colorate - e due esseri ci vengono incontro, inchinandosi, e si offrono di prendere i nostri mantelli.

    Veniamo condotti verso una porta, oltre la quale si apre un corridoio lungo una decina di metri, in fondo al quale s'apre una finestra e sulla pareti del quale vediamo alcune porte. Nel breve tragitto Balthazar attiva la modalità guida turistica e spiega che Imaskare era uno dei più grandi imperi magici del passato, decaduto e distrutto migliaia di anni fa. Il posto in cui siamo non dovrebbe esistere: Imaskar è stato completamente distrutto da una rivolta di schiavi. Cerchiamo di far sì che la notizia non arrivi alle orecchie di Drayleh, per timore che si renda conto all'improvviso di non dover esistere e scompaia all'improvviso insieme a tutta la torre, facendoci precipiatare sul fondo della caverna con un effetto Wile E. Coyote in piena regola.

    Ci fermiamo finalmente in una stanza sfavillante di luce e stoffe dorate. Vi sono comode poltrone, morbidi cuscini, una fontana, un letto invitante e, mai sottovalutarlo, un lauto banchetto. Altro che Mottlegrasp.

    Drayleh interrompe la contemplazione di tutto quel ben degli dei per chiederci nuovamente delle parole dell'oracolo, essendo già stato ignorato una volta. A noi piacerebbe tuttavia sapere chi è lui; fraintendendo la domanda - ci basterebbe un «Quello che vi sfama e vi fa riposare» - ci spiega di essere il Custode degli approcci (sospettiamo che si tratti di una sorta di pappone locale, l'arredamento pacchiano parrebbe confermare) e di seguire quel gruppo di abitanti di Imaskar autorizzato dal Lord Pianificatore a occuparsi del mondo esterno. Alcuni dei suoi uomini ci hanno incontrati mentre cercavamo un oggetto che per loro ha un'enorme importanza - e di cui noi, naturalmente, non abbiamo memoria - e, poiché nessuno avrebbe dovuto conoscerlo, anziché farci a pezzi seduta stante hanno deciso di conoscerci un po' meglio, intuendo probabilmente che come minaccia siamo scarsini, ma come intrattenimento comico involontario potremmo essere impagabili.

    Il grande sigillo che abbiamo notato sulla caverna - spiega Drayleh - protegge, nasconde e permette l'esistenza stessa della città; non appena usciremo da qui dimenticheremo tutto, come in effetti è già successo. La cosa strana è che tornando avremmo dovuto ricordare, o agli Imaskariani viene la gola secca a rispiegare da capo ogni cosa tutte le volte. Sarà per quello che hanno pochissimi contatti con gli esterni.

    In ogni caso, *lui* non s'è dimenticato e si aspetta che gli riportiamo le due tavolette di alabastro che gli avevamo promesso; la terza - ci racconta - è già in città, ed è uno dei simboli dell'autorità del Lord Pianificatore. Potevamo così divinarla...

    L'ultima volta che abbiamo chiacchierato con Drayleh (che si scrive "abbiamo chiacchierato con" ma si legge "siamo stati interrogati da") stavamo indagando sulla scomparsa di un potente artefatto: avevamo parlato delle Tavolette di Ao (che non sono quelle di alabastro, sennò sarebbe troppo facile), chiamate anche Le tavolette del fato, che sono 4, 5 o 9. Forse eravamo stati mandati da qualcuno - lui non lo sa e noi non ce lo ricordiamo - e tanto per aggiungere particolari inquietanti a particolari inquietanti ci specifica che stavamo indagando sulla sparizione «passata o possibile futura» di quegli oggetti.

    Il disco di Valadriel, invece, ce l'aveva dato proprio lui: era l'unico modo di avvisarlo del fatto che la nostra missione aveva avuto successo.

    Le tavolette che abbiamo riportato sono uno degli antichi simboli di potere della città. Erano state scolpite sullo stampo di una delle tavolette del fato e la loro riunificazione potrebbe dare un indizio su dove si trovi ora, o in futuro, quello che stiamo cercando.

    Poniamo alcune domande su Valek, il cui nome ci ha perseguitato mentre eravamo nella necropoli, e scopriamo che era un tipo particolarmente infame, un negromante, membro della prima famiglia che spostò la città nel sottosuolo e che se ne andò prima che il sigillo venisse chiuso.

    La raccolta di informazioni comprende due parole sui braccialetti - sono di antica fabbricazione di Imaskar, ma andrebbero studiati per saperne qualcosa di più - e la notizia secondo la quale probabilmente avremo la riconoscenza del Lord Pianificatore in persona, al quale cederemo le tavolette senza che alcuno, in tutto questo ciacolare, abbia accennato minimamente a una ricompensa.

    La sessione termina il 1 Elesias 1383 + X + 5

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    Ipse dixit

    • Qualcuno riflette sulla composizione del gruppo: «Non avete un mago, non avete un guerriero... ma che fate? Tutti chierici e minchioni!« (lo storico si sente rassicurato perché interpreta un chierico, eppure non potrebbe giurare di essere escluso dalla seconda categoria)
    • Balthazar si è appena fatto consegnare un diapason d'acciaio da Mottlegrasp, come focus per Spostamento Planare verso il Primo Piano Materiale. Il mago osserva con aria interrogativa Capitan Felafel, evidentemente chiedendosi se anch'egli abbia bisogno di un attrezzo analogo, già che c'è. Conscio del fatto che il giocatore di Balthazar è Tia, il chierico di Io risponde serafico: «A me non serve. Aspetto che muoia lui...»

    2012-07-23

    Lost in planes

    Sessione del 6 giugno 2012

    1 Elesias 1383 + X. Come sempre...

    Dopo non molto tempo la luminosità inizia a scemare e, tuttora chiusi nella stanza in cui s'è svolto il combattimento, ci concentriamo pacatamente sul problema più immediato: dove accidenti sarà la tavoletta mancante? Balthazar tenta, speranzoso, con un Localizza oggetto, ma senza risultato.

    La statua che in origine teneva nelle mani le tavolette, e che era fatta di pietra bianca, ora sta assumendo un colore scuro: venature nere si diffondono sul corpo della figura raffigurata partendo dalla corona che porta in testa.

    Mentre il primo chierico si dà da fare nel tentativo di trovare ciò che manca perché si possa far ritorno a casa, Valadriel e Faelar controllano la porta: è aperta. Tutta la parte superiore della statua è ormai nera quando, resici conto che ogni ricerca è vana, decidiamo di tornare al piano di sopra.

    C'è solo un piccolo particolare: la porta in cima alle scale è chiusa. Come se ciò non bastasse, quando la raggiungiamo il pavimento inizia a tremare: prima lievemente, poi con sempre maggior vigore, finché pezzi di roccia iniziano a staccarsi dal soffitto.

    È Balthazar a risolvere la situazione, con uno Scolpire pietra che ci permette di bypassare la porta chiusa e ritrovarci nella stanza di pietra bianca, che sta tremando come tutto il resto e non offre una via di fuga: le porte sono chiuse e, considerata la sua natura particolare, stavolta non c'è modo di aggirarle.

    Ormai l'ambiente che ci circonda trema e sussulta tanto da non riuscire a stare in piedi, e crolla intorno a noi: l'immagine di un'enorme stalattite che piomba nel lago d'acido si forma in tutte le nostre menti, ma non è questo a preoccuparci; ciò che davvero ci crea problema è che noi ci troviamo all'interno della stalattite, apparentemente senza via d'uscita.

    Il prode Balthazar si offre di salvare nuovamente la giornata. Prevedendo di poter capitare in una situazione senza uscita, ha preparato tre pergamene di Spostamento planare per poter fuggire rapidamente in caso di necessità. «Vedete, questa porta in uno dei piani superiori, questa in uno dei piani inferiori, e quest... No, un momento: è questa quella che porta a... o era quest'altra? Ah, ci sono: con questa si arriva a... a... non mi ricordo più» mormora il chierico sconsolato, giustificandosi: «Si sono staccate le etichettine...».

    Mentre tutto intorno a noi va in pezzi e persa ogni speranza di finire a colpo sicuro in un posto sicuro, fronteggiando la prospettiva di finire a mollo nell'acido, decidiamo per l'impensabile: diamo il via libera a Balthazar perché peschi una pergamena a caso e lanci l'incantesimo, pregando tutti gli dei che conosciamo, quelli che non conosciamo, quelli morti e anche quelli che ancora non esistono di non finire dritti dritti nell'Abisso.

    Ricompariamo in una zona che possiamo definire solamente come "bucolica": prati verdi, uccellini che cantano, un ruscello che scorre, il vento che fruscia tra alberi rigogliosi con foglie verde smeraldo e l'aria che profuma di menta. Ci ritroviamo in un meraviglioso frutteto e, increduli per la sorte, intuiamo di essere finiti in uno dei piani superiori. O in uno di quelli inferiori che per via della crisi economica è cambiato drasticamente di mano.

    I frutti che qui crescono hanno però qualcosa di strano: guardando meglio notiamo come sugli alberi crescano rubini, zaffiri... insomma, qui le piante paiono produrre gemme.

    È solo con gran forza e facendo leva su tutte le sue capacità di persuasione - «Immagina se davvero siamo in uno dei paradisi e ti beccano a fregare le gemme... secondo te che ti fanno?» - che il Paladino riesce a condurre via l'intero gruppo, e ci dirigiamo verso il torrente; lì troviamo un sentiero che costeggia il corso d'acqua e prendiamo a seguirlo.

    Mentre camminiamo diamo un'occhiata al cielo: è come se sopra di noi ci fosse il miraggio di un altro paesaggio: intuiamo così di trovarci a Bytopia, un piano composto da due livelli sovrapposti e che si "guardano".

    Il ruscello forma un piccolo laghetto, poi riprende il proprio corso e alimenta un mulino ad acqua, che si trova nelle vicinanze di una casa. Sulla veranda di queta un uomo di una certa età sta fumando una pipa; lo salutiamo, ci risponde in celestiale: «È strano ricevere ospiti. Non mi aspettavo visite».

    Il vecchietto pare molto gentile, e gli chiediamo ospitalità: è propenso ad aiutarci, poiché gli sembriamo affidabili dato che non abbiamo rubato le pietre che crescono sugli alberi. Un lungo sospiro di scampato pericolo che erompe da tutti noi non cambia la buona disposizione del nostro ospite. In cambio dell'ospitalità ci chiede di fargli un piccolo favore: dato che lui deve assentarsi per qualche giorno, ci domanda di fare la guardia al frutteto, dato che può capitare che qualcuno vi appaia all'improvviso e abbia cattive intenzioni, diversamente da noi che si vede subito che abbiamo delle facce oneste e mai e poi mai faremmo certe cose.

    La richiesta non è poi tanto strana: come Balthazar spiega a tutti, a Bytopia sono ospitali e generosi, ma bisogna lavorare.

    Il vecchietto ci porta in una costruzione in cui potremo abitare finché saremo qui; ci indica uno stipo che contiene il cibo e c'informa che partirà entro un paio d'ore.

    Prima che ci lasci abbiamo modo di informarci sui dintorni, venendo a sapere che a circa 3 giorni di viaggio a cavallo c'è un villaggio.

    Il nostro ospite ci saluta prima di partire: lo vediamo vestito da mago, con tanto di tunica dai colori scintillanti e un bastone di cristallo. Ci consegna un piccolo corno d'argento che ci servirà per chiamare i guardiani più vicini; quindi, come ultima informazione, ci rivela il suo nome: si chiama Mottlegrasp.

    Il giorno successivo - persa ogni speranza di poter saccheggiare il frutteto in barba a quell'ingenuo vecchietto che si è rivelato un mago certamente potentissimo e che oltretutto ha fatto riferimento con affettata indifferenza a dei non meglio specificati guardiani, mannaggia a lui - ci concentriamo su quello che al momento è il problema più urgente: come si torna al Primo Piano Materiale se non abbiamo il focus adatto?

    Alla ricerca di un consiglio, ci affidiamo a una Divinazione, grazie alla quale apprendiamo che «Avete ormai dimenticato che l'ultimo pezzo del rompicapo vi attende già alla fine del percorso». Siccome capiremo solo tra un po' che cosa ciò vuol dire, ci lanciamo anche con una Comunione, dalla quale non apprendiamo nulla di veramente utile, ma ci aiuta a passare il tempo.

    L'unica informazione interessante che arriva dalla Comunione è il fatto che il Disco di Valadriel, apparentemente, serve per trovare l'ultima tavoletta. Chiediamo così, con una nuova Divinazione, se rompere il disco ci porterà alla fine della missione.

    «Spezzare il disco di metallo vi riporterà all'inizio del cammino, dove vi attende la conclusione tanto agognata» è la risposta. Ma dato che piantare in asso il gentile vecchietto/potente mago non pare una soluzione praticabile, ci rassegnamo ad aspettarne il ritorno.

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    Ipse dixit

    • Balthazar sta cercando di immaginare la terza tavoletta per trovarla con Localizza oggetto: «Allora mi immagino una tavoletta delle dimensioni di un Dylan Dog, ma fatto di alabastro...». Inutile dire che l'incantesimo non ha funzionato, vero?.
    • Seguiamo il ruscello e giungiamo in vista del mulino. Valadriel (sconsolato): «Alla fine siamo arrivati dall'Uomo Focaccina...».
    • Valadriel a Balthazar, dopo aver scoperto che siamo a Bytopia: «Sii onesto: siamo in paradiso...».

    Strategia, strategia, per piccina che tu sia...

    Sessione del 21 maggio 2012

    ...le due statue che si trovano sulle tombe più vicine al sarcofago vanno in pezzi, e dalle macerie emergono due costrutti: uno di pietra, o di metallo molto scuro, modellato in modo da avere fattezze di lupo; l'altro di metallo chiaro e luccicante, con fattezze non pervenute. Entrambi hanno simboli arcani che brillano lungo tutto il corpo.

    Kristel, il cui istinto di sopravvivenza è sopravanzato unicamente dall'avidità, afferra al volo entrambe le tavole e tenta di darsi alla macchia, salvo rendersi immediatamente conto di essere rimasta intrappolata tra il fondo della stanza e due grossi e minacciosi golem. Il tempo di gettare un'occhiata più precisa - probabilmente l'ultima - al bottino (le tavolette sono traslucide, forse sono fatte di alabastro, e sottili) e i due esseri apparsi iniziano a pestare la psionica come la proverbiale zampogna.

    Balthazar, un uomo le cui priorità sono ben chiare, si preoccupa innanzitutto di mettere al sicuro le tavolette nella scatola di cui è custode (e in cui ci sarebbe lo spazio per una terza tavola), trovando anche il tempo di notare come le scritte che le ricoprono non paiano appartenere ad alcun alfabeto o, quantomeno, ad alcun alfabeto conosciuto da noi: il che apre una marea di possibilità, a ben pensarci.

    La porta della stanza si chiude all'improvviso, facendo svanire il piano di fuga che stava prendendo corpo nelle nostre menti: lasciare la psionica a distrarre i golem e metterci in salvo, ricordando di elevare una prece, una volta giunti in luogo sicuro, in memoria dell'eroico sacrificio della nostra insostituibile amica.

    Ci volgiamo dunque tutti, minacciosi, verso i nemici. Cioè, quasi tutti. Balthazar decide che il modo migliore per sconfiggere due costrutti dall'animo irascibile è svanire per alcuni secondi, salvo tornare pesto, lacero, contuso, sanguinante e in fin di vita. E qui mi fermo solo perché ho finito gli aggettivi. Scopriremo in seguito che la capatina sul Piano Etereo, che nelle intenzioni del chierico avrebbe dovuto salvargli la vita, ha portato il prode Balthazar a fare la conoscenza degli otto spettri (spettri in armatura, per la precisione) che custodiscono gli altrettanti sepolcri presenti nella stanza e che, evidentemente, abbiamo seccato. Ma tanto ha pagato lui per tutti.

    La battaglia coi golem si annuncia più complicata del previsto. Il primo colpo è messo a segno da Valadriel, che però si ritrova anche a subire i danni che avrebbe voluto infliggere. La scoperta causa in tutti i presenti un attacco di coniglite ma considerata la situazione - se li attacchiamo ci facciamo del male, se non li attacchiamo ci fanno del male loro - riesce anche a trasformarci finalmente in quella temibile macchina da guerra che un gruppo di personaggi di 15° livello dovrebbe rappresentare, mentre noi non facciamo altro che temporeggiare talmente tanto da essere ormai noti come gli Eurostar del combattimento.

    Una volta che ci siamo scaldati, la faccenda diventa meno cupa di quanto sembrasse: solo uno dei due costrutti ha quel funesto potere e, complice il fatto che ogni tanto i due si scambiano le abilità, riusciamo senza troppi danni a eliminare l'incombenza. Degno di nota il fatto che, per la prima volta in anni di combattimenti, riusciamo persino a utilizzare della strategia, grazie all'uso sapiente dei muri ectoplasmatici da parte di Kristel coi quali la psionica blocca la fuga al nemico mentre gli altri lo circondano e bersagliano. È evidente che qualche sciagura grossa si prepara per noi all'orizzonte.

    Non appena il secondo golem crolla in pezzi, la statua a cui abbiamo profanamente sottratto chiesto in prestito le tavolette inizia ad emettere una luce molto intensa.

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    Ipse dixit

    • Kristel annuncia trionfante di essere entrata in possesso delle agognate tavolette: «Le ho prese!» grida al gruppo. «Adesso le prendono anche loro» mormora il DM in risposta, facendo attaccare i PG dai golem.
    • Lo Scuro chiede conferma al Master circa la bontà della strategia di combattimento che ha elaborato. Scuro: «Se io mi metto qua...» DM: «Sei assolutamente inutile, ma sei in una posizione coreografica...».