2011-08-30

S'è acceso

Sessione del 29 giugno 2011 - seconda parte

16 di Eleint

Una donna corre per le vie deserte di Mezro mentre la prima luce del mattino inizia a rischiarare l'ancora assopita città: Maja ha fretta di ritirare il bastone che ha commissionato, ormai pronto, per permettere al gruppo di partire prima che Thraemenus giunga a cercarli.

Quando finalmente siamo tutti riuniti, torniamo senz'indugio nella radura utilizzata il giorno precedente da Khondar per l'allenamento con la spada, dove Groud inizia l'incantesimo di evocazione che ha imparato e anche trascritto, nell'evenienza in cui ci serva chiamare nuovamente il Divoratore del Tempo.

Il chierico inizia a salmodiare in una lingua sconosciuta: dopo le prime frasi, nonostante l'alba sia ormai passata da un pezzo la luce inizia a calare mentre davanti a noi si forma e poi si consolida una specie di turbine composto da fumo nero, verso il quale veniamo inesorabilmente trascinati. Il fumo aumenta sempre più e s'arricchisce di striature di vari colori, finché il movimento rallenta dando forma a una specie di antro tondeggiante il cui ingresso è orlato da file di denti acuminati; la caverna prosegue ben oltre il nostro sguardo, delimitata da pareti pulsanti che ci danno l'impressione di osservare non una caverna ma un'enorme gola in cui persino la luce viene risucchiata. Da ciò che abbiamo davanti, Groud percepisce provenire ondate di odio e di fame, mentre tutti nutriamo la netta impressione che qualcuno ci stia osservando.

È il chierico di Gond a rovinare la solennità del momento. Conscio di trovarsi davanti al Divoratore del Tempo, essere antichissimo che certamente è bene non avere come nemico, esordisce con un servile «Gentilissimo Baatoriano...» che rovina l'intera poesia ma non gli impedisce di formulare la richiesta: desideriamo essere portati indietro nel tempo di 62 giorni, così da giungere nel Decimo Cerchio dell'Inferno il 14 di Flamerule del 1373.

La gola si agita, le pareti s'aprono e vediamo un percorso che prosegue in avanti, al buio e al freddo. Varchiamo la chiostra di zanne e poggiamo i piedi su una strana sostanza molliccia e gelida: ci pare di camminare nella saliva di qualche essere mostruoso.

Siamo tutti costretti a camminare: nemmeno Nixia, qui dentro, è in grado di alzarsi in volo, ma l'aspetto più strano del viaggio è che tutti, entrando, sentiamo di sfiorare con la testa la fila superiore di denti nonostante le differenti altezze.

Ondate di gelo ci penetrano nelle ossa mentre le orecchie ci risuonano di voci sconosicute e gli occhi vengono abbagliati da lampi improvvisi. Gli incantatori divini non avvertono più la presenza dei loro dèi e tutti proviamo una paura indescrivibile, che ci spinge ad accelerare il passo fino a correre in avanti su quello strano terreno che si muove come se fosse vivo sebbene sia così buio che nessuno, nemmeno il nano, riesca a vedere alcunché. La corsa s'interrompe bruscamente quando i piedi incontrano di nuovo del terreno normale: tutti cadiamo, rotolando gli uni sugli altri. Quando ci rialziamo, siamo invecchiati di 15 anni.

Ci troviamo in un ambiente caldissimo, in cui l'aria odora di zolfo, illuminato da una luce rossastra che non proviene dal cielo, che è completamente nero. Groud, ripresosi, si rende conto che a causa di quanto ha fatto dovrà farsi purificare prima di poter celebrare nuovamente nella propria chiesa. E dire che aveva appena sostituito il filtro dell'olio.

Scopriamo che la luce rossastra proviene dal fiume di lava che scorre a una ventina di metri da noi e sulla cui superficie danzano fiamme e si formano delle bolle dai lineamenti umanoidi che poi s'infrangono e spariscono, emettendo dei gemiti. Dalla parte opposta del fiume vi è una piccola collina rocciosa.

Stiamo guardandoci ben bene intorno, cercando di capire dove diavolo - è proprio il caso di dirlo - siamo finiti, quando l'orrore della consapevolezza si fa lentamente strada in noi: ci siamo dimenticati di dire che volevamo andare ai piedi di Yggdrasil!

Affranti dalla possibilità - che poi è una certezza - di essere sperduti in un punto qualsiasi del Decimo Cerchio dell'Inferno, cerchiamo di organizzare qualcosa che ci tiri un po' su il morale. Lo stridio, simile al verso di un'aquila, che sentiamo provenire da oltre la collina ci spinge a convincere Nixia ad andare in ricognizione, nella segreta speranza di vederla esibirsi in una perfetta imitazione di Evinrude la libellula.

Purtroppo la pixie torna senza alcun inseguitore. La delusione è parzialmente mitigata dalle informazioni raccolte: ci troviamo su un'isolotto grossomodo tondeggiante dal diametro di circa un chilometro; al di là della collina vi è un piccolo pianoro dove si trova un gruppetto di creature. Per la precisione Nixia ha individuato due Roc e quattro enormi diavoli in armatura, oltre ad alcune più piccole e informi creature.

Non appena ode le notizie riportate dalla fatina, il nano diventa preda di una strana frenesia mentre il metallo della sua armatura e dello scudo assumono un colore rosso cupo: lo stesso della spada.

Khondar sale sulla cima della collina. Avvistati i nemici inizia a corrrere verso di loro roteando la spada. Uno dei Roc si volta verso di lui e grida; Groud scaglia l'incantesimo Sole di Gond, Nixia vi aggiunge una Catena di fulmini. Il nano si lancia alla carica contro i mostri, ma chi l'osserva vede soltanto una scia di puro fuoco diretta verso le creature infernali.

Ipse dixit

  • Groud (al Divoratore del Tempo): «Gentilissimo Baatoriano...»
  • Nixia (dopo essersi resa conto di trovarsi su una spiaggia lambita da un fiume di fuoco, lontana chissà quanto dalla nostra meta): «Io sono invisibile e ammusolita!».


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