2011-02-26

E poi sarà un pugnale sporco di elfo e di halfling!

Sessione del 2011-02-16

Dopo uno scontro sorprendentemente breve, gli scheletri decidono di non avere tutta questa voglia di fermarci e scompaiono lasciando come souvenir i tre muri di ghiaccio, i quali non sembrano avere la minima intenzione di levarsi di mezzo. Khondar, sempre pronto a menar le mani - o, in questo caso, l'ascia - colpisce il più vicino: il ghiaccio, per quanto ostile, non può molto contro i fendenti del nano, ma si consola infliggendogli ferite a ogni colpo, grazie a quella furbissima proprietà dell'ascia in base alla quale anche il suo possessore si fa del male ogni volta che un nemico viene ferito.

Dopo un po' di lavoro, Khondar riesce faticosamente ad aprire un passaggio largo un paio di metri e alto altrettanto grazie anche all'aiuto di Maja, la druida, ancora in forma d'orso. Preso dall'entusiasmo il nano attraversa il pertugio saltellando e arriva dall'altra parte ridotto a un tremebondo ghiacciolo, o a un puffo con la barba: s'è infatti beccato una scofanata di punti ferita da freddo, e sta assumendo un grazioso colore bluastro.

Così tutti gli altri si rendono all'improvviso conto di sapere volare (seppure con mezzi diversi: Thomar, per esempio, sembra far uso dell'incantesimo Forma Gassosa o, come direbbe lui, Forma Gashshosha) e, rendendo inutile sia l'operato del nano sia il sacrificio di alcuni preziosi punti ferita da parte del medesimo, sorvolano con indifferenza i muri di ghiaccio, atterrando incolumi. Piangendo e battendo i denti, pure Khondar si accorge di godere ancora degli effetti della pozione sorbita poc'anzi, e s'invola.

Facciamo per ripartire quando un basso brontolio ci ferma. Voltatici, possiamo ammirare un grosso orso bruno, dall'espressione imbronciata e con le zampe incrociate, che pare aver indetto uno sciopero di protesta ed essersi proposto volontario per il picchetto. Nonostante il plantigrado si esprima a grugniti, il perché del sit-in è evidente: la druida si sta chiedendo perché mai dobbiamo andare avanti, essendo ancora valido il problema sorto prima dell'attacco, ovvero il fatto che il pugnale non ci serve finché il nano non è in armatura. Thomar risolve l'impasse spiegando che, sebbene gli elfi da queste parti abbiano la deprecabile tendenza a cadere sui pugnali abbastanza spesso, può anche darsi che occorra del tempo prima di trovare l'arma che ci serve. Vinti dalla logica, ci avviamo.

E ci fermiamo subito. Nixia la pixie, che solo pochi giorni fa s'era scoperta discendente di Oskar Schindler e aveva iniziato a elaborare complicati piani per liberare i pixie schiavi, ci sventola la propria bontà sotto il naso facendoci promettere che cercheremo anche di resuscitare l'elfo che - incautamente scivolando su un pugnale casualmente presente nei paraggi, senz'alcun dolo da parte nostra, come le spieghiamo - ci permetterà di attraversare il portale.

Mentre ci avviciniamo all'Alveare notiamo che gli edifici diventano via via più piccoli e che quelli parzialmente distrutti sono stati riparati in maniera... originale: pezzi di stoffa, travi di legno dalla robustezza sospetta e quella piacevole edera con le foglie affilate come rasoi che rende tanto gioioso l'attraversamento.

La strada è ingombra di parti di edifici crollate. Al di fuori dell'area illuminata dalla moneta di Fiamma Perenne che Keira tiene in mano (ultimo ricordo del chierico scomparso mentre stavamo arrivando a Sigil) si muovono diverse creature - umani, semiumani, diavoli, demoni e altri essere la cui anatomia è quantomeno dubbia - che ci osservano. Quando passiamo loro accanto essi si riparano nei rifugi di fortuna costituiti dagli edifici in rovina, per poi riapparire non appena ci allontaniamo. L'impressione di introdurci in un vero alveare, o un formicaio, o comunque un orribile posto pieno di insetti probabilmente sconosciuti ma certamente animati da pessime intenzioni nei nostri confronti è forte e per niente rassicurante.

A riportare una parvenza di normalità contribuiscono due locande - in cui però nemmeno il nano oserebbe mai entrare - mentre a cancellarla ci pensa Thomar, che ci fa attraversare due tende occupate da allegre famigliole senza che queste si scompongano, con un interessante effetto don Camillo («Oggi è venerdì, avete mangiato di magro?» «Sì, reverendo» «Ah»).

A mano a mano che procediamo, ci allontaniamo dalle vie più frequentate e finiamo per ritrovarci in una piccola piazza, ai margini della quale vi sono diversi banchi su cui si svolgono non meglio precisati commerci. La attraversiamo rapidi, passando attraverso un piccolo cumulo di macerie, e arriviamo nella zona più frequentata, una strada punteggiata da porte aperte e insegne. Vedendo tutto quel ben di Dio, Nixia ha in un momento di follia si gingilla con l'idea di comprare uno schiavo - elfo, buono - per poi ucciderlo, resuscitarlo e liberarlo, certa in questo modo di ottenere la sua eterna gratitudine che, con ogni probabilità, si esprimerebbe con ciò che si può solo rendere con l'espressione "panico assoluto".

Thomar ci fa fermare davanti a una delle porte, a fianco della quale notiamo una botte su cui siede un halfling, che ci squadra con interesse. Dall'interno della costruzione proviene del fumo, cosa abbastanza normale se il padrone di casa è un efreet.

Mentre ci stiamo accingendo a incontrare l'uomo - vabbé, l'essere - che potrebbe risolvere i nostri problemi, Nixia si fa prendere da una delle sue periodiche crisi di coscienza: ha appena realizzato che c'è la possibilità che l'efreet uccida di persona o faccia uccidere l'elfo, rendendoci così in fin dei conti complici di un elficidio. E lei, che ha appena notato la grossa B che campeggia sulla sua scheda, non ci sta.

Inizia così, proprio fuori dalla bottega dell'efreet, una lunga e infruttuosa discussione sui più svariati temi morali - una di quelle che chi ha conosciuto Keldorn lo spaladino non può aver dimenticato - che presto coinvolge tutti, mentre l'halfling sghignazza senza ritegno e con voce rauca ci suggerisce di prenderlo morto, l'elfo, ché costa meno, guadagnandosi l'occhiataccia di un'infuriata pixie invisibile.

Mentre gli altri sono impegnati a litigare, Keira decide di fare qualcosa di più utile che tirare parolacce ai compagni, chiedendo all'halfling se sa dove possiamo trovare un elfo buono che sia morto, ma possibilmente che sia morto dopodomani. L'halfling non si fa cogliere impreparato da quell'esplosione di delirio e risponde che sarebbe meglio chiedere al padrone del "negozio", sebbene aggiunga che egli stesso non entrerebbe mai, anche se non spiega il perché. In compenso, su richiesta, c'informa che nella botte ci sta il suo tesoro.

La discussione, alla lunga, si placa, ché non siamo mai stati tanto bravi nel difendere le nostre posizioni morali, e Khondar decide di dare un'occhiata dalla porta. Nota che la luminosità all'interno sembra provenire da qualcosa come dei carboni ardenti che si trovano in alcuni punti della stanza, mentre quasi tutto è fatto di metallo: sedie, tavoli e oggetti sparsi.

Una zampata dell'orsa mette fine all'indecisione del nano, che entra di sua spintanea volontà. Keira lo segue, Nixia fa prendere un colpo all'halfling sedendoglisi sopra (ma sempre restando invisibile) e poi entra anche lei. Groud segue i compagni mentre Maja, soddisfatta, si siede fuori: già indossa la pelliccia, con il caldo che deve fare all'interno poi puzzerebbe di orso sudato per tutto il resto della nottata.

In effetti fa davvero caldo, e Khondar inizia a sudare copiosamente, facendo sorgere in tutti il sospetto che forse sarebbe stato meglio tenere l'orso ma lasciare fuori il nano, che notoriamente non ha un buon rapporto con l'acqua («Fa arrugginire le armature, figurati che cosa può fare a un nano!»).

In un angolo ci sono due tizzoni rossi particolarmente vivi e posti a un'altezza che potrebbe essere quella degli occhi di una creatura di taglia grande. Sotto gli occhi appare una bocca e quando l'efreet si mostra in tutta la sua interezza tutti tiriamo un sospiro di sollievo perché temevamo di essere finiti nella tana di uno Stregatto Astratto.

Iniziano così le contrattazioni. Ad aprire le danze è Keira, che esordisce: «Se noi avessimo bisogno di un pugnale che ha ucciso un elfo il giorno prima...» lasciando la frase in sospeso con fare ammiccante. E l'efreet, pronto: «Ma prima quando?». Al che Keira non sa bene che cosa rispondere; per fortuna il nostro ospite risolve la situazione, chiedendo: «Se fossi in grado di procurarvelo, per quando vi servirebbe?». Gli diciamo che lo vorremmo tra tre giorni, per lo meno.

Quando tutto sembra risolversi per il meglio (tranne che per l'elfo decedendo), Nixia subisce un'altra crisi: pretende che l'elfo non venga ucciso apposta per noi e che, se possibile, ci si porti il corpo affinché lo possiamo far risorgere. Alla prima richiesta l'efreet acconsente spiegando che cercherà con cura un elfo così maldestro da scontrarsi per puro caso con un pugnale, anche se ciò richiederà fatalmente più tempo e più denaro; alla seconda non si cura di rispondere, vedendo il resto del gruppo fare freneticamente No con le dita alle spalle della pixie.

Prima di concludere la trattativa, il padrone della sauna per nani ci informa senza particolare allegria che l'elfo sulla botte non è suo amico, e che la botte in realtà è perfettamente vuota. Ignoriamo l'informazione perché a ruota ne arriva subito un'altra, e ben più importante: l'efreet vuole una caparra, la cui entità dipenderà dalle informazioni che gli daremo. Si tratta di 250 monete d'oro se risponderemo a una sua domanda; 500 se ci rifiuteremo di rispondere. La domanda che ci vuole fare è così ovvia che persino un nano con poca dimestichezza con i libri saprebbe intuirla, ovvero: «A che vi serve il pugnale?». Non volendo rivelare informazioni (noi ci caliamo le braghe soltanto quando la cosa comporta unicamente svantaggi: in questo caso avrebbe portato anche un vantaggio, seppur non enorme, quindi nisba) leviamo 500 monete d'oro dal tesoro comune. L'efreet dice che manderà uno dei suoi agenti ad avvisarci non appena avrà trovato il pugnale, e ci congeda.

Nei due giorni successivi non accade nulla degno di nota. Il secondo giorno l'armatura del nano è pronta e Khondar, radioso, pensa di chiedere al fabbro con un'ala sola se possa dirgli qualcosa dell'artefatto che ci portiamo dietro da un po'. Sta camminando baldanzoso per le vie di Sigil quando una voce improvvisa gli ricorda che forse forse, per identificare un artefatto, un mago è un po' meglio di un fabbro. Così il nano, sempre sorridente, fa una piroetta su sé stesso, inverte la marcia e parte nella direzione che gli sembra più probabile per trovare un mago. Trotterella per un po' e un'altra voce improvvisa gli risuona nella testa: «Quindi stai andando da un mago» «Esatto» «Per fargli identificare l'artefatto» «Certo» «E se se lo tiene?». Alla fine della giornata Khondar, percorsi parecchi chilometri, se ne torna alla locanda senz'aver concluso alcunché.

Nel frattempo Nixia la Pixia è alla ricerca di una chiesa buona. Ne aveva già girate un po' per cercare qualcuno che le spiegasse che cosa significhi essere buoni, ma ora la guida un motivo ben più nobile: trovare qualcuno che al volo faccia risorgere l'elfo che sarà/è stato/potrebbe essere stato ucciso dal pugnale. Possibilmente gratis. O almeno che costi poco. Ma anche i chierici meno avidi non si accontentano di un'offerta inferiore al migliaio di monete d'oro, e quindi non se ne fa niente.

Trascorsi i due giorni in attesa dell'armatura, arriva alla locanda un esserino grande quanto un pixie, ma fatto di pietra, con delle alucce e molto, molto caldo: un mephit. La locandiera, imbracciato un secchio d'acqua, urla una cosa del tipo «Quella cosa in casa mia non ce la voglio! Va' via prima di dare fuoco a tutto quanto!» e così, riconosciuto l'inviato dell'efreet, teniamo la nostra riunione super-segretissima nella pubblica via.

Il nostro uomo (uomo per così dire) è stato di parola: ha trovato il pugnale e sta aspettando. Ma dobbiamo sbrigarci, perché ha trovato un altro acquirente.

Guidati dal mephit, partiamo subito. È più o meno mezza giornata e per strada non facciamo nessun brutto incontro, anche se la via è sempre molto trafficata. Arrivati, notiamo che il locale è buio esattamente come l'altra volta mentre l'halfling è ancora sulla sua botte, ma ora dorme acciambellato. Entriamo tutti.

In un braciere arde una piccola fiamma. Sudato e annoiato, un altro halfling è in piedi davanti al tavolo, e ci osserva. Su un grande trono di ferro siede l'efreet.

Il padrone di casa c'informa che il pugnale ha ucciso ieri; l'ha ottenuto facendo seguire degli assassini, ma non ha potuto avere anche il corpo dell'elfo. Ci dice anche che l'halfling lì presente è l'altro acquirente, e che lui per il pugnale vuole 15.000 monete d'oro.

Ora, la situazione è semplice: dato che l'halfling sembra aver bisogno del pugnale quanto noi, basterebbe chiedergli di pagare la sua parte - una generosa parte - e avrà il privilegio di aggregarsi a un'astuta compagnia di prodi avventurieri. Il fatto è che l'halfling non collabora. Sentito il prezzo, e ottenuta conferma dall'efreet del fatto che un altro elfo ucciso senza limitazioni («Basta che sia buono, non m'interessa chi lo uccide») costi meno, conclude serafico: «Vorrà dire che verrò con il prossimo elfo».

A questo punto, però, le due buone del gruppo - Maja e Nixia, per chi se lo fosse comprensibilmente dimenticato - si inalberano. «Eh, no! Non possiamo permettere che venga ucciso un altro elfo! Pensa al male insito nelle tue azioni!» sbotta la druida. La pixie le fa eco in maniera caratteristica: «Abbiamo un pugnale sporco di sangue di elfo. Tra un po' sarà un pugnale sporco di elfo e di halfling». La druida si deprime ma non fa in tempo a restare depressa a lungo perché l'halfling se ne esce con un «Beh, ma se vi sta tanto a cuore che un altro elfo non venga ammazzato, portatemi con voi. Gratis. Io vi offrirò in cambio le mie (dubbie) capacità e i miei (discutibili) servigi». Vani sono gli sforzi di Keira nel tentativo di non lasciare che il gruppo sottostia al bieco ricatto dell'halfling, nel cui albero genealogico sicuramente spicca un ramo di pura malvagità (di questo, almeno, è convinta Nixia, che da quel momento lo prende in antipatia): il nano, sfinito da discussioni in cui non ha colpa, si offre di pagare le 15.000 monete d'oro per tutti e le porge all'efreet. Il quale dice che - vuoi l'inflazione, vuoi il prezzo degli elfi in costante aumento - ora il pugnale ne costa 25.000. Maledicendo tutti quelli che gli capitano a tiro, Khondar paga. E l'halfling entra di diritto nel gruppo, con il titolo di costoso compagno di viaggio.

Il pugnale, di cui ora siamo in possesso, ha un'elsa nera di cuoio e, incastonato in argento, un diamante. Si torna dunque al Lower Ward, verso l'apertura nelle fogne.

Strada facendo, l'halfling si presenta: si chiama Eldon, ma tutti lo chiamano Hari S(eldon), per cui finisce per essere immantinente ribattezzato Haris. Bestemmiando il DM che legge troppi libri di fantascienza, Haris spiega che viene dal Faerun, da un punto a nord della Grande Foresta, è giunto qui da un portale trovato a Silverymoon per aprire il quale ha usato un bicchiere di vetro (tutti si bevono la panzana con piacere, compresa la diffidente Nixia) e deve varcare il portale per l'Inferno perché è alla ricerca di qualcosa, ma per il momento preferisce non specificare che cosa.

Prima di partire per la missione, spuntiamo la check-list per essere sicuri di essere preparati a scendere all'Inferno. Groud, enorme farmacia ambulante, comunica di essere in possesso di una bacchetta di Protezione dall'Energia, che ci permetterà di affrontare indenni la fiammeggiante città di Dite a patto che siamo più veloci noi a fare quel che dobbiamo di quanto ci metta l'incantesimo ad esaurirsi e la bacchetta a finire. E sappiamo tutti come vanno di solito queste cose, no?

Mentre la luce comincia a calare, arriviamo all'entrata delle fogne. Più la osserviamo meno c'ispira, e la cosa, quantomeno, depone stranamente a favore della nostra sanità mentale: non è che molta gente possa dire di sentirsi ispirata da delle fogne e pretendere di passare per normale. Dall'interno proviene un tenue squittio.

Ci addentriamo in un cunicolo stretto, basso e, ovviamente, buio ma rischiarato dalla moneta di Fiamma Perenne di Keira. Dopo poco il tunnel scende bruscamente e dal basso sentiamo che lo squittio si fa sempre più forte, aggiungendosi a un rumore di acqua corrente e al fetore di escremento e di sostanze chimiche.

Il nano funge da avanguardia. Al limite della propria scurovisione vede un singolo topo in mezzo al tunnel. Avanziamo. Il tunnel si biforca: uno va verso il basso; l'altro va ancora più verso il basso.

Camminare nelle fogne, oltre a essere un'esperienza non particolarmente piacevole, è anche un'esperienza viscida e scivolosa. Infatti Groud, che si trova immediatamente alle spalle del nano, d'un tratto scivola e si porta via Khondar che sparisce nell'oscurità con un «Mi raccomando, state attenti a dove mettete i AAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!». Nixia, che date le ridotte dimensioni riesce a volare, si lancia all'inseguimento mentre Haris, Keira e Maja, in quest'ordine, restano fermi a chiedersi perché mai all'improvviso gli altri abbiano pensato di essere a Ondaland. La riflessione non dura troppo a lungo: Keira scivola a propria volta, trascinando Haris nell'abisso. Maja, rimasta sola, si guarda un attimo intorno, fa spallucce e si butta.

Rotoliamo tutti fuori dal tubo, l'uno addosso all'altro, finendo in un'ampio corridoio dove il liquame è abbastanza basso da consentirci picchiare con violenza diverse parti del corpo contro il solido pavimento di pietra sottostante. La cosa peggiore è che sembriamo essere circondati da molte creature che emettono squittii: potrebbero essere centinaia, a giudicare dagli occhietti che brillano nel buio appena al di là della nostra capacità di vedere.

Intanto, l'odore è insopportabile: dopotutto è qui che finiscono gli scarichi di Sigil. Nixia, in ogni caso, non si lascia distrarre dal fetore e, per dimostrare che nemmeno si lascia spaventare dalle numerose creature intorno a noi, lancia una palla di fuoco. Nella fogna. Piena di escrementi. E quindi di metano. Che cosa pensate che faccia l'aria tutt'intorno a noi?

Fortunatamente non bruciamo tutti. In compenso ora abbiamo la certezza che quelli che ci circondano sono proprio i topi-con-troppo-cervello che avevamo già visto nel canale, i quali - miriadi - ci osservano con un'aria tremendamente famelica. Risalire il tubo da cui siamo scesi è ormai impossibile, davanti a noi c'è un muro di topi. Siamo in un cul-de-sac. Ci servirà un sac-de-cul.

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Ipse Dixit:

  • Keira: «Se noi avessimo bisogno di un pugnale che ha ucciso un elfo il giorno prima...» Efreet: «Ma prima quando?» Keira: «...»
  • Khondar, esasperato dagli improvvisi problemi morali di Nixia che emergono ogni due per tre e fino a pochi giorni fa la pixie mai si sarebbe sognata: «Ma se tu hai fatto le peggio nefandezze che neanche Satana in persona!»
  • Nixia (minacciando Haris): «E poi sarà un pugnale sporco di elfo e di halfling!»
  • Maja, abbattuta perché Nixia ha appena minacciato di morte Haris: «Io combatto per salvare un elfo, e questa vuole uccidere anche un halfling...»
  • Haris (che non vuole pagare e spera di sfruttare i sensi di colpa dei buoni): «Vorrà dire che verrò col prossimo elfo» (chissà se fa tutte le fermate?)

2011-02-12

Perché il Nano ha un Piano. Che non porta lontano.

Sessione del 2011-02-08

Non paga del denaro perso nelle giocate precedenti, Keira getta un'occhiata al portamonete e pensa tre sé: «Mi restano ancora 6.000 monete d'oro. Che male potrà fare giocarmene 5.000? A parte perderle tutte, intendo». Decide così di tornare così al casinò dove, vedendola arrivare, i gestori si danno il cinque e pensano a nuovi modi per spennarla.

Avendo già provato tutti i giochi più interessanti, Keira è in cerca di esperienze nuove. Avendo lei già lasciato lì una barcata di denaro, i gestori le propongono qualcosa di particolare: le sue 5.000 mo in cambio di un tentativo a La Routa della Fortuna.

Il presentatore del gioco la accoglie con un «Allegria!» e procede a spiegare le regole: come il nome lascia in effetti intendere, il gioco consiste nel far girare una ruota - artefatto portato a Sigil da uno degli amanti della Signora - divisa in spicchi bianchi e neri. Se la ruota si ferma su uno spicchio bianco, tendenzialmente ci saranno risultati positivi: si potrà guadagnare denaro, oggetti magici o effetti magici. Se invece si ferma su uno spicchio nero, tendenzialmente ci saranno risultati negativi: si potrà perdere denaro, oggetti magici o effetti magici. O anche la vita.

Davanti alla prospettiva di spendere 5.000 monete d'oro per morire sul colpo, la Psionica Psicotica non può che accettare. La valletta - una fanciulla dalla pelle verde e dai capelli dall'aspetto piuttosto "algoso" - fa girare la ruota e per un momento tutto pare andare proprio come previsto: infatti il Master se ne esce con un «Mi dai la tua scheda?», frase che ogni giocatore sa bene preludere in genere alla necessità di una scheda nuova.

Ma questa volta non succede: la ruota si ferma su uno spicchio bianco e dai piedi di Keira partono dei raggi di luce dorata che, circondandola, le raggiungono la testa; i suoi occhi iniziano a risplendere, poi la luminosità svanisce, lasciando la giocatrice compulsiva più intelligente di prima (con un bel +1, che non le cambia il bonus ma cara grazia che non è morta). Che l'effetto non sia meramente illusorio è subito dimostrato dal fatto che la prima azione di Keira è smettere immediatamente di giocare.

Il giorno successivo un dubbio non propriamente di secondaria importanza coglie il gruppo: anche ammesso di riuscire a trovare il portale, manca la chiave per aprirlo. Per fortuna in aiuto viene Mimir Garmin, il nostro teschio-guida fratello di Cocor Garmin.

Mimir spiega che il portale si trova poco oltre il margine del tempio distrutto, all'ingresso della fogna. La chiave da utilizzare non è un oggetto specifico, ma un aggeggio che chiunque può fabbricarsi lì per lì, a patto di avere a portata di mano un elfo buono affetto da mania depressiva: occorre infatti un pugnale che abbia ucciso un elfo buono il giorno precedente al proprio utilizzo come chiave.

La cosa chiaramente crea qualche problema, anche se non subito. «Io ho un pugnale!» dice Khondar tutto contento, non sappiamo se per la trovata o se per il pigiama alla Superpippo che indossa nell'attesa che gli restituiscano l'armatura. «E io ho un elfo!» gli fa eco Groud. Purtroppo presto scopriamo che io nostro forgiato preferito anche perché unico ci stava solo dando un assaggio dell'umorismo tipico di Eberron, e purtroppo non ha per davvero un elfo nascosto da qualche parte. Per un po' ci balocchiamo allora con l'idea di setacciare Sigil in cerca di elfi da uccidere, poi con quella di chiedere alla polizia locale se siano previsti elficidi, preferibilmente in cui l'arma del delitto sia un pugnale, per il giorno in cui l'armatura del nano sarà stata riparata e potremo ripartire, ma la prospettiva di venire arrestati alla terza sillaba ci scoraggia.

Intanto che i cervelli lavorano (si sente un grande silenzio) Khondar torna dal fabbro per informarsi su come procedano la riparazione dell'armatura e l'identificazione dei poteri dell'ascia che ha appena acquisito. Il fabbro prima gli risponde cortesemente (spiegandogli che è entrato in possesso della famosa Divoratrice di nemici) poi, dato che Khondar è in anticipo di almeno un giorno e mezzo sulla data di consegna e nonostante ciò continua a fare domande (del tipo «Ma ci vuole tanto? E poi le riparazioni si vedono? Trovi che il pigiama m'ingrassi? Che fai di bello stasera?»), perde la pazienza e lo caccia dal suo negozio, ché lui deve lavorare e se il cliente lo lasciasse in pace forse potrebbe riprendere a smartellare.

La ricerca di un morto di giornata va a rilento, per cui su suggerimento di Khondar decidiamo di risolvere il problema ignorandolo e passando a un altro che, tutto sommato, è anche più urgente. Sì, perché il Nano ha un Piano: *prima* trovare il portale, e solo in seguito l'ammazzaelfi, che in effetti non ci serve a niente finché non sappiamo dove sia il posto in cui dovremo usarlo come chiave.

Mimir torna quindi a dimostrare la propria utilità guidandoci dalla locanda per le vie di Sigil fino al luogo in cui si trova il portale. Per un po' costeggiamo il canale, dove l'acqua è leggermente migliorata rispetto al giorno prima: il livello è un po' più alto e non si sente più il caratteristico odore di robaccia chimica e marciume che sembrava tanto caratteristico. E anche un po' disgustoso.

La cattiva notizia è che le sponde del canale sono piuttosto popolate. Popolate da grosse pantegane, per la precisione; anzi, pantegane che sulla testa hanno una protuberanza grigio-rosastra, vagamente simile a un cervello. E che stanno svuotando le tasche a un tizio morto.

Mentre passiamo lì vicino il morto perde improvvisamente d'interesse, mentre noi ne acquistiamo fin troppo: non ci era mai capitato che una quarantina di occhietti di ratto ci osservassero così intenti. Fischiettando indifferenti, ci allontaniamo.

Andando via notiamo che c'è anche poco fumo, oggi, in città. La mancanza di stupefacenti è compensata dalla visione della città sopra le nostre teste. Prima che Mimir ci faccia finalmente smettere di costeggiare il canale abbiamo il dubbio privilegio di incontrare dei grandi rospi antropomorfi, alti un buon 3 metri, fermi in cerchio in mezzo all'acqua. Pare sia una roba divertentissima, se sei un mostro anfibio.

Dopo aver lasciato il canale c'inoltriamo in un vicoletto stretto dove gli edifici, in gran parte crollati, sono per lo più costituiti dai resti di alcune torrette. In fondo alla stradina c'è l'ingresso delle fogne; oltrepassatolo, e dopo essere scesi di un livello (che equivale a non meglio specificate decine di metri), c'è l'ingresso di un cunicolo che conduce al portale, che in fondo altro non è se non un ennesimo ingresso.

Ora che sappiamo approssimativamente dove sta il portale, possiamo anche tornarcene indietro. La cosa forse non appare immediatamente logica, ma il Nano ha un Piano: tornarsene in locanda a riempirsi di birra mentre gli altri prendono immediato contatto con Tomar, l'enorme e spaventoso ogre magi blu che, a causa di sconosciute ma sicuramente gravi incomprensioni con il proprio dentista, si ritrova la bocca piena di zanne e l'eloquio elegante di Paperino. Il che spiega perché egli sbarchi il lunario facendo la guida ai turisti di Sigil anziché spaventar cristiani come tutti gli ogre che si rispettino.

Paolino Paperino Tomar sta in una locanda malfamata, La lisca di pesce, che deve il proprio nome all'insegna che campeggia sopra la porta e che, per completare il marittimo quadro folkloristico, è impestata da un odore che solo Geppetto e Pinocchio, avendo visto com'è fatta una balena dal di dentro, possono immaginare.

La cosa curiosa è che questo postaccio si trova in una strada che pullula di mercanti di cibo all'ingrosso (come se tutte le Metro del mondo si fossero date appuntamento lì), il che fa pensare che gli acquirenti, da queste parti, non siano troppo attenti all'igiene o alle date di scadenza.

Groud si avvicina a Tomar mentre questi sta bevendo una misteriosa e fumante sostanza da un enorme calice. «Che piacere rivederti, Tomar!» fa il forgiato. «Shì, è bellisshimisshimo shalutarti ancora! Shinsheramente!» risponde l'ogre, mentre tutti gli altri avventori come un sol uomo estraggono gli ombrelli (azione preparata) e si riparano dagli sputazzi.

I due si mettono in un angolino a discutere delle necessità del gruppo, ma la comprensione non è facile: Groud non vuole far sapere a tutta la città che stiamo cercando l'arma ancora fumante - per modo di dire, a meno che non sia un pugnale fiammeggiante - di un assassino. Così prova a stare sul vago e a bassa voce, coperto dalle conversazioni degli altri avventori che si fanno i fatti propri, spiega: «Dobbiamo andare in un certo tipo di posto a trovare un certo tipo di cose». Occhiolino occhiolino. Nonostante l'occhiolino, ottiene solo un «Shcusha? Shi può shapere cosha cashpiteronshola shtai shusshurrando?». Cioè, quello e una doccia.

Groud cerca nuovamente di farsi capire ma senza ottenere molto finché, esausto, se ne sbotta con un «Oh, insomma! Ci serve un elfo morto con un pugnale!» e nella locanda cala un silenzio di ghiaccio. Fortunatamente la richiesta non impressiona troppo i presenti, che presto riprendono ognuno le proprie faccende, mentre Tomar si offre di farci conoscere i migliori assassini della città. Una volta che gli altri - con un buon aiuto da parte della druida - hanno chiarito meglio la situazione, la guida blu spiega che ciò che ci serve si può trovare presso i mercanti ai confini dell'Alveare, al Mercato notturno. Per portarci lì, e farci incontrare con un paio di suoi contatti, chiede 100 monete d'oro. Groud, ormai perso completamente, gliene dà sull'unghia 200. Per fortuna interviene Maja, la druida, che ferma il piccolo Mazinga prima che gli dia anche le mutande (che peraltro non indossa; lui, lei non sappiamo) e si torna alle 100 monete chieste originariamente, che Tomar pretende in anticipo. Ci diamo appuntamento per due ore prima della Bassa Veglia, al di fuori della nostra locanda, e ci salutiamo.

Nel frattempo, il Nano ha messo in atto il suo Piano. E si è riempito di birra come neanche nei sogni più sfrenati. Solo che, non trattandosi di birra normale ma importata direttamente dal Paradiso, è leggermente più forte del normale; così Khondar inizia a barcollare e a dichiarare a dei perfetti sconosciuti, i quali già lo squadrano male per via del pigiama, che vuole loro tanto bene.

Comunque si sente in forma, bello forte e combattivo, persino più del solito. La birra deve avergli fatto bene per davvero se si rende conto, quando il resto del gruppo gli dice che il recupero del pugnale è fissato per la sera stessa, che andare in giro in pigiama è un zinzino pericoloso, e decide pertanto di comprarsi una mezza armatura usa-e-getta da adoperare finché non sia pronta la titolare.

Venuta l'ora, Tomar arriva puntuale e ci prepariamo a partire. Le vie sono buie e la nostra guida ci fa attraversare il canale sopra un ponte di pietra, dal quale possiamo osservare che, di notte, la vita nell'acqua è anche maggiore che di giorno. Quando stiamo per abbandonare il Lower Ward per l'Alveare, chiediamo alla psionica di fare un po' di luce. All'improvviso entrare in un posto chiamato Alveare e notoriamente pericoloso in compagnia di una donna dai capelli rossi e nemmeno propriamente umana non ci pare più un'idea così brillante. Ma ormai è tardi, ribattezziamo Keira Alice e c'incamminiamo.

Facciamo due passi e ci fermiamo subito. Sì, perché il Nano aveva un Piano. Con una piccola falla: che ce ne facciamo adesso del pugnale, ammesso di trovarlo subito, se tanto dobbiamo stare qui altri due giorni per aspettare l'armatura di Khondar? Siamo lì che tiriamo mute bestemmie quando un muro di ghiaccio appare alle nostre spalle. Che di per sé non è una cosa spaventosa, ma quando di fronte si materializza anche un diavolo della fossa allora tutto assume una tinta più fosca.

Il primo ad attaccare è il Nano che, anche senza Piano, è discretamente minaccioso. La sua arma, però, più che colpire il diavolo lo attraversa; Khondar, in un lampo d'intuizione, grida «Illusione!», suggerimento immediatamente colto da Maja la quale, con un dissolvi magie ben calibrato, fa sparire il nemico.

Il problema è che a questo punto appaiono altri due muri di ghiaccio. Uno separa Khondar, che era da solo in testa al gruppo, dagli altri. L'altro separa Groud, che era subito dietro Khondar, dai rimanenti. E per evitare che la cosa diventi noiosa appaiono altri nemici: creature scheletriche, altre 3 m, con una lunga coda di scorpione. Una di fianco al nano, che prende una pozione e vola via. Le altre due vicine al gruppo di retroguardia, proprio ai lati del punto in cui il nano atterra, venendo saccagnato di gusto.

Ipse Dixit
  • Khondar (parlando dell'elfo morto - o meglio del pugnale che l'ha ucciso - che stiamo cercando): «Chi ha detto che non è detto che non dobbiamo essere stati noi ad ammazzarlo?»
  • Groud (spiegando la situazione a Tomar): «Dobbiamo andare in un certo tipo di posto a trovare un certo tipo di cose».
  • Groud (sempre spiegando la situazione a Tomar): «Ci serve un elfo morto con un pugnale!».