2012-05-17

Avevo una necropolina piccolina in Canadà

Sessione del 3 Maggio 2012

1° Elesias 1383 + x

Forti delle informazioni testé raccolte, decidiamo di andare a sondare la ziqqurat che, uscendo, si trova sulla destra. «Quindi quella a sinistra» spiega volenteroso il Master, nella vana speranza di mettere tutti d'accordo circa la disposizione delle ziqqurat in base alla mappa che ha disegnato sulla griglia e nella ferma certezza di aver confuso completamente, con appena quattro parole, le poche idee che ci erano rimaste.

Alcuni fortunelli riescono persino a godersi il viaggio in groppa a Ikram Toruk, che non è un difensore della nazionale turca ma il pegaso del nostro paladino Valadriel e che, affinché sia chiara la scala gerarchica tra lui e il suo padrone, è l'unico dei due a poter vantare un cognome.

Mentre ci spostiamo volando - chi a cavallo di Ikram, chi con mezzi propri - notiamo come sotto di noi il terreno sia coperto da «refoli di vapore» (tra virgolette perché sono le esatte parole del DM, mica che qualcuno se la prenda poi con lo Storico) rischiarati da una vaga luminosità verdastra e malsana, come se sul terreno e tra le tombe ardessero centinaia di fuochi fatui, quali quelli che si possono incontrare nelle paludi.

Seguiamo a una certa altezza dal suolo il viale principale e atteriamo dinanzi alla ziqqurat di sinistra, che come sappiamo tutti è poi quella di destra. Se i problemi di geolocalizzazione continueranno ad affliggerci a lungo, una nota positiva rischiara invece la visione dell'edificio: la superficie è liscia, non scolpita in maniera tale da sembrare ricoperta di teschi pronti ad azzannare le caviglie di ogni incauto che vi poggi sopra il piede, come le pantofole rosa e puffose ora indossate da Balthazar continuano a ricordarci. Mentre traiamo un sospiro di sollievo, rassicurati, un intenso profumo di lillà c'inonda le narici; ci guardiamo attorno sospettosi, atterriti all'idea di veder apparire un francescano santo ma scorbutico.

A parte le pareti liscie, la piramide pare esternamente identica a quella che abbiamo già visitato; guardando meglio notiamo però un altro particolare differente: in cima alla scalinata che porta sino al primo ripiano non c'è un portale ma un'apertura nera, contro la quale nemmeno la scurovisione di Scuro1, l'elfo scuro che oscuramente ci accompagna, può alcunché. Valadriel, dopo aver parcheggiato Ikram in divieto, individua tracce di male dovunque. Qualcuno non s'è impegnato nella pulizia.

Dopo essere stati intimiditi al di là di ogni verecondia, nell'ordine, da a) un cancello b) un portale (nel senso di portone pretenzioso, non di un robo magico che manda su un altro Piano) c) una porta (ma con una faccia scolpita sopra) si capisce che una nera apertura non può fare altro che terrorizzarci. Grazie al cielo, tuttavia, abbiamo un paladino che deve essere eroico per contratto e che, con sprezzo sommo del pericolo, osa l'inosabile: lancia fa rotolare con delicatezza una Verga del Sole accesa all'interno della piramide, nel tentativo di fare luce sulla faccenda in senso proprio e figurato.

La Verga approda senza difficoltà sul robusto pavimento interno della ziqqurat, da dove manda una luce più fioca di quella che farebbe normalmente: illumina bene sino a 3 metri di distanza, e in modo tenue sino a 6. Prendiamo nota di come anche gli oggetti alchemici rispettino la Regola d'Oro (tutto ciò che è misurabile varia secondo multipli di 1,5) e restiamo a fissare il nero che ci attende: privi di una porta da temere, abbiamo paura del buio.

È di nuovo Valadriel a guidare l'ingresso nella ziqqurat. Ikram, che non vuole saperne di restare fuori (metti mai che passi un vigile e gli faccia la multa), ci accompagna all'interno, dove scopriamo un corridoio molto largo e alto 6 metri, in cui avanziamo cautamente. A una quindicina di metri dall'ingresso il corridoio s'apre su una vasta sala, che però il DM descrive come «baratro» scatenando attimi di panica incertezza. Chiarito l'equivoco, il paladino raccoglie tutto il proprio coraggio e, borbottando qualcosa del tipo «smettila di spingere, maledetto bardotto volante» s'affaccia senza addentrarsi.

La stanza pare occupare tutto l'interno della piramide (sottratto, naturalmente, lo spazio del corridoio e tenendo a mente che il pavimento su cui marciamo è a livello del primo gradone: non è che Valadriel è entrato e si è spiaccicato 10 metri più sotto...); è fiocamente illuminata da una tenue luminosità verdastra che arriva dal fondo, mentre al centro s'erge un pilastro di pietra, quadrato e completamente nero, le cui dimensioni sono presumibilmente pari a quelle dell'ultimo piano della ziqqurat. Il pavimento è completamente coperto di ossa.

Indecisi se poggiare le nostre delicate estremità inferiori su oggetti che già quando di pietra hanno la tendenza a sgranocchiare suddette estremità, cerchiamo qualcosa da lanciare all'interno, attenendoci così alla Regola di Jannacci (che recita: «per vedere di nascosto l'effetto che fa»).

Ci piacerebbe avere una Borsa dei Trucchi da cui estrarre un tenero animaletto da mandare al massacro, ma poiché nessuno ha pensato di arricchire il proprio equipaggiamento con tale utilissima trovata, Capitan Felafel prova una variante dell'immortale Freccia Bengala2: il Quadrello Sfrigolante.

Viene infatti incaricato di disturbare il pilastro caricando un quadrello sulla sua balestra folgorante e lanciandolo contro il grande monolito nero: mentre le ossa presenti in quantità industriale non fanno altro che confermare il fatto che qui le scimmie siamo noi, il quadrello parte sfrigolando, colpisce il pilastro e ricade tra le ossa le quali, come in ogni film dell'orrore che si rispetti, si agitano e lo fanno sparire per sempre, avvenimento che leggiamo come un presagio di quanto sta per accadere a noi.

Avendo intuito che sarebbe poco igienico affrontare la stanza a livello del suolo, Valadriel monta spontaneamente su Ikram - «mettimi giù, insano quadrupede!» - e s'invola all'interno, compiendo innanzitutto un giro esplorativo intorno al pilastro. Nota così che in questo sono ricavate quattro piccole nicchie, una per lato, e che all'interno di ciascuna di esse si trova qualcosa che brilla tenue: paiono degli anelli, forse d'oro.

Mentre la parola «oro» fa svanire immediatamente ogni timore, un forte stridio proveniente dal basso nelle vicinanze del pilastro risveglia i conigli presenti in noi, che al momeno s'erano distratti, così che possiamo notare da una posizione assolutamente sicura il minaccioso cumulo d'ossa che pare un enorme serpente, s'alza dal pavimento e punta deciso verso il paladino. Ci apprestiamo a estrarre i pop-corn per goderci meglio lo spettacolo quando le ossa iniziano ad agitarsi anche nelle nostre vicinanze, la qual cosa ci spinge a mettere via i sacchetti e a fare un balzo indietro. Balthazar intanto riconosce il mostro che minaccia il paladino: è un Ossario vivente, che il chierico decide di distruggere evocando una Tempesta di Fuoco sopra di esso. E sopra Valadriel.

Questi sgrana gli occhi e grida un «Nooooo!» di tale potenza che persino l'Ossario per un momento si paralizza; quindi Balthazar capisce l'antifona, Valadriel riesce a sfuggire tornando al sicuro dai compagni - uno dei quali appena 30 secondi prima stava tentando di arrostirlo insieme alla cavalcatura - e il serpentone d'ossa si ritrova a combattere contro un Elementale d'Aria, a confronto col quale ha però rapidamente la peggio.

Mentre l'Ossario collassa, dai due mucchi d'ossa che s'agitavano s'alzano in volo due scheletri di drago, sopra i quali Balthazar può finalmente scatenara la Tempesta di Fuoco che teneva in serbo. Più tardi ne lancerà anche una in croato.

Curiosamente i due draghi paiono trovarsi a proprio agio sotto il fuoco che piove dal cielo (o quantomeno dal soffitto), facendo sorgere in Balthazar il dubbio che si tratti degli scheletri di due draghi rossi. Soffocando una bestemmia, Balthazar scompare e cerca di capire se ciò sia vero: non sappiamo se il suo nuovo stato di invisibilità lo aiuti nel compito, né verremo mai a conoscenza di che cosa abbia scoperto in tal modo, poiché non ce lo dirà mai.

Capitan Felafel si esibisce quindi in un complicato rituale che coinvolge il suo simbolo sacro, parole arcane, poteri soprannaturali mai visti e che si riduce nello scagliare Luce Incandescent: tutta la manfrina deve aver però avuto il merito di distrarre il drago scelto come bersaglio il quale, colpito, va letteralmente in pezzi. L'elementale dell'aria, esaurito il combattimento con l'Ossario, finisce quindi l'altro drago.

Ora che è tornata la calma, l'attenzione di tutti può concentrarsi sui misteriosi anelli individuati da Valadriel. Dato che presumibilmente non c'è più pericolo, Balthazar si offre volontario per il recupero e, volando, si lancia verso la prima nicchia. Gli altri, rimasti all'ingresso, sono testimoni della baldanzosa partenza, dell'epico volo e del grido di dolore che s'alza dall'oscurità: «La mia mano!».

Il chierico, che a quanto pare ha deciso di lasciarci (ma un pezzo alla volta), torna e, contrariamente alle previsioni - qualche maligno dice «alle scommesse» - di tutti ha ancora entrambe le mani attaccate ai polsi. Solo che la sinistra è parzialmente scorticata e, fuso nella carne del polso, ora riluce una specie di bracciale; aver guadagnato il monile, per inciso, gli fa perdere in via definitiva 4 punti ferita.

Il bracciale consiste in una spessa fascia d'oro, istoriata come se fosse costituita da una massa di ragni; una Individuazione del Male non rivela tracce di malvagità su di esso, ma in compenso si possono rilevare forti aure di ammaliamento e trasmutazione.

Appurata la natura del bracciale - che a prima vista pare avere più di qualcosa a che fare con i servi che stiamo cercando e il cui sacrificio può aprire la porta (roba che dopotutto non promette poi così bene) - il coraggioso chierico dagli arti rimovibili torna invisibile e va ad esplorare le rimanenti tre nicchie; dopo aver nicchiato un po', torna tenendo in mano gli altri anelli - che stavolta sono anelli per davvero - e senza aver perso ulteriori parti del corpo.

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Note

  1. 1 Non è colpa mia. È il giocatore che ha poca fantasia per i nomi. Ritorna
  2. 2 Come si sbircia in una stanza buia senza entrarci? Si lancia Luce su una freccia e la si tira all'interno. Con un po' di pratica si riescono anche a infiggere le frecce nel pavimento e a disporle artisticamente creando un'illuminazione tenue e raffinata, invidia dei più quotati designer d'interni di tutto il mondo.Ritorna

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Ipse dixit

  • DM: «Avvertite un intenso profumo di lillà. Forse siete in Canadà» (il Master non ha perso il senso dell'umorismo sfoggiato la volta precedente.)
  • Il DM ha appena spiegato che il corridoio che stiamo percorrendo s'apre su un «baratro», lasciando il gruppo sbigottito. Valadriel si fa portavoce del gruppo: «A noi ci ha fatto paura 'na porta, figurati il baratro...»
  • Balthazar annuncia l'intenzione di scatenare una Tempesta di Fuoco sull'Ossario Vivente, colpendo incidentalmente anche Valadriel e fornendo così una nuova definizione dell'espressione fuoco amico. Colto da un lodevole dubbio si rivolge all'amico paladino: «Temi tu il fuoco?» gli chiede. E quello, rassegnato: «Un po'...».
  • Balthazar, dopo aver visto gli scheletri di drago, decide di diventare invisibile e fare un tiro su Conoscenze mostri, senza peraltro dire ad alta voce alcunché di quanto scoperto per non compromettere la propria posizione. Il Master non vede il vantaggio della scelta strategica per il gruppo: «Le tue conoscenze invisibili lasciano tutti basiti».
  • Sempre Balthazar, stavolta colto in un momento di introspezione profonda: «Ho cattive esperienze... Ho un robo dentro... Ho un rododendro che mi popola...».

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