2012-05-29

Rialzo con gli zombie

Sessione del 10 Maggio 2012

1° Elesias 1383 + x

Baldanzosi e rincuorati dall'apparente successo, usciamo a testa alta dalla piramide ma, fatti due passi, ci blocchiamo di colpo: l'intera necropoli, con la pregevole eccezione della ziqqurat sulla quale ci troviamo, pullula di non morti, mentre un basso coro di gemiti e ululati funge da colonna sonora della poco allegra visione.

L'idea di passeggiare amenamente tra le lapidi sino a raggiungere l'ultima ziqqurat che ci manca da esplorare all'improvviso perde ogni attrattiva; contemporaneamente non sappiamo bene se rallegrarci perché i non morti sulle piramidi non salgono o se esserne profondamente terrorizzati, dato che potrebbero non osare salire perché vi si trova qualcosa che fa paura anche a loro. Balthazar suggerisce di teletrasportarci direttamente al nostro obiettivo, apparendo sulla superficie, ma la fondata ipotesi che l'ultima piramide sia ricoperta di teschi golosi di caviglie ci fa alla fine propendere per un più tranquillo volo sino a destinazione.

La ziqqurat si presenta nera e liscia, senza teschi di sorta. Un portale strombato s'apre in cima alle scale; non vi sono maniglie, né cardini, né serratura. Con la circospezione dettata dall'esperienza - o dalla pavidità - Valadriel prova a spingere i battenti, che silenziosi s'aprono. Un refolo d'aria pregno di profumo di lillà si spande all'intorno, e intravvediamo una vasta sala all'interno dell'edificio. Seguendo la procedura standard, il paladino lancia all'interno una Verga del Sole che stavolta deve aver pagato a prezzo pieno perché illumina proprio come dovrebbe: scopriamo così un locale vasto quanto l'itero piano della ziqqurat; 9 pilastri di pietra nera circondano una pedana cui conducono quattro gradini; sulla pedana vi è un trono, e sul trono siede una statua nera - all'apparenza un essere umano, calvo, avvolto in lunge vesti, forse il Master (no, lui non usa lunghe vesti) - che in grembo tiene una complessa corona d'oro, caratterizzata da tre volute. Mentre osserviamo interessati il luccicante metallo, Balthazar fa due passi in avanti, come inconsapevole, poi si riscuote e torna - coniglio - col gruppo.

Un'occhiata ai pilastri ci rivela che tutti, tranne uno, sono coperti di scritte; anche i gradini lo sono. Le lettere sono incise nella pietra e riempite di metallo: la somiglianza con le scritte scovate nell'altra ziqqurat è evidente persino per noi. I due chierici hanno la sensazione di riconoscere la corona, ma non sanno dire di più. Insomma, cercano di darsi delle arie.

È bello avere un personaggio buono e valoroso nel gruppo: quando tutti sono fermati sulla soglia dalla propria pavidità, questi si fa avanti e scatena quanto c'è di scatenabile. In groppa al fido destriero, Valadriel compie una ricognizione all'interno della sala, dove peraltro non si percepisce più l'odore di lillà. Scopre grazie ai propri poteri enormi tracce di male ovunque, tranne che sulla corona, così che in tutti si fa strada il pensiero più ovvio: «Possiamo rubarla in sicurezza!».

A un certo punto, la colonna liscia cambia posizione. La cosa non ci turba, perché ora abbiamo un oggetto da sottrarre, illegalmente e profanando una tomba, qualora ciò interessasse a qualcuno. Balthazar si fa avanti, seguito da Kristel, poi si prostra davanti alla corona mentre il bracciale che indossa per un attimo pulsa di una uce dorata. Sui gradini - ci dice il chierico, che solo una paio di piramidi fa non era in grado di capire quella scrittura - c'è scritto: «La vera virtù di coloro che servono non è soltanto nella parola, ma è radicata nella carne e nello spirito».

La capacità di comprendere le scritte non è l'unica novità di cui Balthazar può godere. No, non è diventato né coraggioso né assennato, ma in compenso ha l'improvvisa consapevolezza dei poteri del bracciale; in compenso non sa perché si sia inginocchiato, ma una mezza idea ci si affaccia alla mente quando, mentre Kristel sta per afferrare la corona, il chierico grida «No!», farfugliando qualcosa circa il fatto che qualunque cosa capiti alla corona capiterà a lui.

Intanto altri pilastri si materializzano tra i nove originari; Balthazar, che è diventato il nostro traduttore universale, spiega che sui pilastri sono scritti i nomi dei precedenti servitori, e aggiunge che il paladino, tra tutti, è l'unico a poter prendere la corona. Non perché sia prescelto da chicchessia, ma semplicemente perché è l'unico di cui si fidi.

Valadriel afferra delicatamente la corona e riesce, faticando un po', a estrarla dalla presa della statua; non è troppo pesante, ma il paladino non ha tempo di chiedersi se l'apparentemente prezioso oggetto sia davvero d'oro o invece di latta poiché una strana sostanza che pare fanghiglia sta bagnando il pavimento, mentre torna a farsi sentire il profumo di lillà.

Dalla statua emerge, colando liquami di putrefazione, quello che pare un angelo che ha percorso un po' troppi chilometri. Angel of Decay ci dicono le nostre conoscenze, che quando si tratta di definire i mostri sono ancipiti e passano con disinvoltura dall'italiano all'inglese, a seconda dei manuali di cui siamo in possesso.

L'apparizione ci spaventa non poco e decidiamo per una poco virile ma salutare ritirata, uscendo a precipizio dalla piramide. Solo che, come l'altra volta, ci blocchiamo di colpo non appena mettiamo fuori la testa, poiché la necropoli continua a pullulare di non morti evidentemente appassionati di rialzo, dato che finché stiamo quassù non vogliono toccarci. In compenso, un angelo decomposto ha tutta l'aria di volerci fare la pelle, rialzo o non rialzo.

Inizia così un confuso combattimento, durante il quale, a turno, inceneriamo un po' di non morti e ci facciamo insozzare dalla fanghiglia, che proviene dall'angelo e ha effetti decisamente poco piacevoli sulle caratteristiche di quelli con cui viene a contatto.

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Ipse dixit

  • Il Master sta descrivendo la stanza: «Nella ziqqurat, inondata dal profumo di lillà, vedete una piattaforma rialzata di quattro gradini; sulla piattaforma vi è un trono, e sul trono...» «Un frate cappuccino fa Felafel, interrompendolo. «No, una monaca brioche» ribatte il DM con estrema naturalezza. Valadriel guarda i due, realizza gli abissi di stupidità che corrono tra loro e commenta: «Vabbé, non piango; piango dopo...».

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