2009-03-16

Yin e Yang

Il mio mostro migliore: retto e virtuoso!

Simo, parlando del proprio nuovo personaggio, il paladino Sir Vandemaar

sessione del 2009-02-13

Giorno 4 - tardo pomeriggio

In fila indiana usciamo dalla cella: apre la fila Stedd (che però sta nel corpo di Klovit); segue Klovit (che appare come un'interessantissima gnoma barbuta); chiude Hulga (con le sembianze del sacerdufo). Arriviamo in fondo al corridoio, nei pressi della torcia. Sulla sinistra c'è uno stanzino (che ha tutta l'aria di essere un posto di guardia, sostanzialmente vuoto, in cui l'unica cosa interessante è una brocca di vino) mentre, sulla destra, salgono delle scale.

In cima alle scale c'è una porta di legno borchiata e tenuta chiusa da un grosso chiavistello. All'interno non c'è alcuna maniglia, mentre da fuori proviene della luce accompagnata da rumori e voci lontane che paiono umane. Memori dei problemi incontrati con la porta - aperta - della cella, ci sinceriamo dello stato di questa: è chiusa a chiave.

Klovit bussa. Non succede niente, ma è anche vero che il delicato e femmineo tocco dell'ex-micione non ha prodotto un grande rumore. Più convincente pare la druida, che è ansiosa di provare il per lei nuovo martellone che porta sulla schiena e al quale si sta rapidamente affezionando. Nonostante i colpi inferti con una certa decisione, il risultato è identico alla bussata di Klovit. Al che Hulga, offesa per non essere stata presa sul serio da chiunque ci sia dall'altra parte (mostri assassini, draghi antichissimi, educande...), decide che i tempi sono maturi per tirar giù la porta a martellate. Detto e fatto.

Ora abbiamo sicuramente ottenuto l'attenzione di chiunque si trovi lì intorno: le voci si stanno avvicinando e provengono da destra; probabilmente sta arrivando anche qualcuno con delle torce, a giudicare dal chiarore. Noi ci troviamo all'intersezione a T di un corridoio.

Due persone, due umani rivestiti di cotte di maglia brunite, sono ora visibili. Uno porta effettivamente una torcia, l'altro ha una corta spada. Entrambi, per buona misura, portano anche una spada ciascuno ai fianchi. Si fermano. Ci osservano. Parlano. Capiamo niente.

Improvvisamente ci sovviene che ci troviamo diversi secoli prima di quella che consideravamo casa nostra, e pertanto non conosciamo la lingua. Hulga dà prova dell'addestramento ricevuto alla Flotta Stellare trasmettendo «Salve, pace universale» su tutte le frequenze. In pratica, prova una dopo l'altra tutte le lingue che conosce, cosa che come unico effetto ottiene l'arrivo di altre quattro guardie.

Ora siamo circondati. Felice dell'aumentato pubblico, la druida riprova con il tour delle lingue, iniziando dal draconico. Mentre tutti ci aspettiamo un'ulteriore crescita delle guardie (c'è chi scommette che ne arriveranno 6, altri pensano che saliranno di 8 unità), uno dei presenti ci sorprende, rispondendo nella stessa lingua. Che comunque capisce solo Hulga, e quindi la cosa non ci tranquillizza per niente.

C'è da dire che si impegna. Spiega che siamo finiti lì per un errore di teletrasporto, che in realtà volevamo andare a Xanth (che non è esattamente una ridente località balneare) e che avevamo là un appuntamento. Ciò scatena l'ovvia domanda «Con chi?», alla quale Hulga risponde facendo il nome di Lamar il Vicelibro, che ci aveva inviati in missione. «Che missione?» è il logico quesito successivo: la nostra naturopata di fiducia, con la faccia del chierico, racconta allegramente di quello che stavamo facendo sottoterra a casa daei Phaerrim e dell'avanzata del Caos. Non si sa se le credano. Di sicuro vogliono sapere da dove veniamo: «Da molti posti» cerca di svicolare l'interrogata. Sfortunatamente ciò non è sufficiente così la poverina, ingarbugliandosi sempre di più, cerca di spiegare che siamo nei corpi sbagliati, finendo per dire che «siamo invertiti». Se prima ci guardavano con comprensibile sospetto, ora il disgusto è palese e altrettanto comprensibile. Perfetto: oltre che per pazzi ci prendono anche per degli invertiti, o quantomeno per dei personaggi ambigui. Cosa che, in effetti, non abbiamo cuore di smentire.

In qualche modo riusciamo a spiegarci; decidono, per sicurezza, di farci aspettare in un'altra cella mentre verificano la nostra storia.

Non passa molto tempo che un giovane mago, con un prezioso mantello dal collo rigido, appare e conferma la veridicità di quanto gli abbiamo raccontato; quando ci chiede se sappiamo volare, rispondiamo tutti convinti di sì, intuendo immediatamente di aver fatto una mossa falsa ma comunque... Incredibile, ci credono! Il nostro ospite ci spiega poi con scarso garbo che ci troviamo sotto la guardia della città di Opus e che ora ci accompagnerà alla guardia dei cancelli per cacciarci via il più rapidamente possibile. Qui siamo molto aperti, sì, ma degli invertiti, no, grazie tante, proprio non possiamo, se volete attaccarvi al mio bastone, cioé, quello di legno, mi raccomando, fermi con le mani, ecco, andiamo... E ci teletrasporta al cancello.

Ci troviamo all'aperto, illuminati dalla luce del tramonto, su un piazzale circondato da mura. La città si trova ora alle nostre spalle: possiamo ammirarne il maestosissimo edificio centrale, costruito secondo un'elaborata architettura che non ci è familiare; in più punti vediamo persone che volano da un edificio all'altro. Ci spostiamo verso la parete, seguendo un corridoio che dà verso il cancello, il quale a sua volta dà... sul nulla: a parte una piazzola, oltre il cancello non c'è niente. Il cancello si apre. Il mago, a distanza di sicurezza, ci ordina di andarcene. «Speravamo di poter trovare qui un sistema per rientrare nei nostri corpi» obiettiamo debolmente ma quello, con un'espressione profondamente disgustata, ci fa segno di levarci di torno il più velocemente possibile. Se non altro, non dobbiamo ripagare la porta che abbiamo sfasciato.

Sulla piazzola c'è un carro largo e piatto trainato da ippogrifi. Oltrepassiamo il cancello, che si chiude alle nostre spalle. Il carro s'è levato in volo ed è già lontano, e ora noi dobbiamo lasciare una città volante. Solo che abbiamo un gatto/gnoma che volare non sa, nonostante quello che abbiamo dichiarato poc'anzi. Per fortuna la druida ha un grifone da compagnia proprio per esigenze come questa che ci cava dagli impicci; scende così con l'inseparabile cadavere di Dram, mentre Stedd accompagna giù l'ormai piccolo Klovit.

Mentre scendiamo notiamo delle funi che partono dalla città e arrivano fino a terra, mentre esattamente al di sotto della città c'è una specie di accampamento; notiamo diverse tende, tra cui alcune che paiono preziose. Ci mettiamo in un angolino tranquillo non troppo vicino all'accampamento e lì passiamo la notte.

Giorno 5

Ci teletrasportiamo a Xanth, e questa volta compariamo nella locanda che ci aveva ospitati in origine; anzi, proprio nella stessa stanza che però è occupata da qualcun altro: ci sono casse, vestiti ed equipaggiamento. Frenando tutti i nostri istinti più intimi non tocchiamo nulla e usciamo. Nessuno ci nota, almeno finché non siamo in strada.

È bello quando una situazione familiare si ripete e ti fa sentire a casa. A casa proprio come se i tuoi genitori avessero appena deciso che ne hanno abbastanza di te e di cacciarti fuori e saranno cavoli tuoi.

Come l'altra volta arrivano le guardie, l'incantesimo Linguaggi ci permette di farci capire e levarci di torno con celerità - in questi giorni continuano a cacciarci. Ci dirigiamo verso l'accampamento di Lamar.

Mentre usciamo dalla città quello che sembra un umano ci si avvicina. È completamente coperto di metallo: un'armatura lucidatissima, pulitissima, decorata con leoni rampanti e un simbolo noto, un guanto d'arme rivolto verso di noi. Nonostante puzzi di paladino lontano chilometri, non è questo che ci preoccupa; non subito, per lo meno: è infatti accompagnato da un enorme e apparentemente feroce leone crudele in armatura. E noi coi felini (a partire dalla druida che non li sa riconoscere per arrivare a una patetica gnoma che pensa di essere un gatto) non abbiamo un buon rapporto.


Il nuovo arrivato ci conosce; o, almeno, conosce i nostri nomi e le nostre facce. Ma noi, che ci troviamo nei corpi sbagliati, tentiamo subito di confonderlo col delirio nel vano tentativo di spiegare la situazione attuale. Facendo l'ormai abituale figura degli invertiti - cosa che porta il leone a fare un paio di passi indietro - gli chiariamo l'incidente di teletrasporto (ormai qui i riferimenti a Star Trek si sprecano) e sembra crederci. Anche lui! Evidentemente il Master deve averci dato dei punti bonus in Raggirare.


Si presenta: è Sir Vandemaar dell'Ordine del Leone Dorato. Che, per l'assonanza quantomeno sospetta con il più noto Valdemar ci mette per un attimo i brividabadibidi. Giustificati, visto che ci fa sapere di essere stato mandato dalla Chiesa di Nobanion (già, quelli della realtà alternativa che non ci piace neanche un po'), preoccupata perché seguivamo un chierico di Shar... chissà poi perché.

Sir Vandemaar si è accampato poco fuori città; dopo aver discusso un po' sul perché mai ci portiamo ancora dietro il cadavere di quell'orribile creatura - al che restiamo un attimo interdetti: eravamo sicuri di aver distrutto il corpo di Keldorn... poi ci accorgiamo che stava parlando di Dram - ci dividiamo. Vandemaar vorrebbe che lo distruggessimo per sempre. Hulga e Stedd non vogliono: il secondo perché sennò non c'è più nessuno che gli dica che cosa fare, la prima perché c'era tanto affezionata. Klovit, dal canto suo, ora che Dram non è più vivo per fargli paura può finalmente palesare la propria fedeltà verso Selune e pretendere la distruzione del verde cadavere.

Raggiungiamo un compromesso: Stedd e Hulga parleranno con il cadavere di Dram per accertarsi delle sue intenzioni. Se ci lascerà liberi di lasciarlo morto, lo faremo; ma se vorrà essere resuscitato, ci sarà da ridere. Gli altri due, intanto, attenderanno all'accampamento del paladino.

Prima della separazione Vandemaar ci avvisa che fin da quando è partito è stato seguito da un fastidioso pixie, generalmente invisibile, che gli svolazza sempre intorno. Anche il suo leone è piuttosto seccato e, se solo potesse volare, grazie al proprio fiuto l'avrebbe già individuato e mangiato. Mentre sta per andarsene insieme a Hulga e al defunto vegetale, Stedd accenna distrattamente al fatto che prepara ogni mattina un Volare, aprendo così la strada a una lunga e proficua collaborazione.

Stedd e Hulga si fermano fuori città, lontano da occhi indiscreti. Il chierico lancia Parlare con i morti.

Domanda: «Vuoi essere risorto?»
Risposta: «Al bene la scelta di far tornare il male»
Commento: «Ah, cominciamo bene...»

Domanda: «Vuoi essere cremato?»
Risposta: «A ogni natura la giusta dimora»
Commento: «Questa domanda l'ho suggerita io! Questa domanda l'ho suggerita io!» «Sta' buona, Ullallà...»

Domanda: «Cosa facciamo a Spiel?»
Risposta: «Evitate che il gigante si tocchi i piedi»
Commento: «Ah, già: l'ernia»

Domanda: «Come fermiamo Tredici?»
Risposta: «L'arma è al di là delle nostre capacità»
Commento: «E fin qua...»

Insomma: ci prende in giro anche e più di prima persino dall'aldilà.

Mestamente l'incantesimo ha termine. La parvenza di vita che animava il corpo di Dram si spegne, per sempre. Forse è meglio lasciarlo in pace allestendo una pira funeraria. Hulga è triste: dopotutto aveva condiviso con il dendrelfo tante avventure. I due divini decidono di dire qualche parola di commiato.

Hulga: «Ti auguro, o compagno, di aver raggiunto la pace eterna. Suppongo che ora tu sia tornato alla tua divinità, ma la mia fede nella reincarnazione - e qua tutti a Xanth, come colti da un presagio, si toccano - mi fa sperare di poterti incontrare nuovamente in un'altra forma e con altre credenze».

Stedd: «Ottimo. Fuoco?»

Per degnamente commemorare l'unico che sapesse quale fosse l'obiettivo della missione, Hulga e Stedd aprono una bottiglia di quello buono e passano la serata intorno al falò, cantando canzoni tristi e ricordando i bei tempi andati. Concludono con Io vagabondo e poi, ubriachi persi, si recano all'accampamento del paladino.

Ciucca marcia, Hulga aggiorna Vandemaar partendo dalle streghe. Stedd ronfa della grossa mentre Klovit, che ormai sta perdendo la ragione per essere tuttora nel corpo della gnoma, si aggira circospetto intorno all'enorme leone. In alto, nella notte, le stelle brillano e la vocina stridula di un pixie risuona stridula.

È ormai tempo di fare rapporto a Lamar e poi entrare a Spiel.

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Ipse dixit

  • La druida non regge alla pressione dell'interrogatorio delle guardie di Opus.
    Hulga: «... un altro degli effetti del Caos - non so se si è capito - è che siamo invertiti...»
    Tutti fanno un paio di passi indietro.
  • La druida - sempre lei, la nostra impavida portavoce - sta spiegando a Sir Vandemaar la nostra situazione attuale.
    Hulga: «E Dram, purtroppo, è morto»
    Sir Vandemaar (accigliandosi): «Purtroppo?».
    Questo sì che è cominciare con il piede giusto...

3 commenti:

Dram ha detto...

Solo una piccola nota riguardo all'ultima domanda. La risposta corretta e':

" l'arma e' al di la' delle VOSTRE capacita' "

sigmud ha detto...

Nel senso che ormai Dram è seduto alla destra di Shar e quindi a lui ormai di Tredici non frega più di tanto?

Ma... un momento! Ma Shar non fa nulla ora che il suo inviato non è più sul campo?

Oppure dobbiamo pensare che Shar sia diventata ancora più subdola e il nuovo arrivato sia manipolato a sua insaputa?
bye,
   Sigmud

Dram ha detto...

... devi assolutamente dirmi chi e' il tuo fornitore...