2011-03-28

Silenzio in biblioteca

Sessione del 16 marzo 2011 - Prima Parte


Prima che la druida possa agire, Nixia - sempre invisibile - inizia a fare il grillo parlante del nano, cercando di evitare il massacro. I seguaci, appena acquisiti, di quest'ultimo possono così godersi la scena della loro guida impegnata in un'animata discussione con - apparentemente - l'aria. E pare che l'aria abbia motivazioni più sensate delle sue.


Groud contribuisce allo scambio culturale con un «Non farti prendere la mano!» - segno che, dopo aver perso la propria per via degli scheletri, s'è giocato anche quel po' di sanità mentale che gli restava - e infine Nixia suggerisce al nano di limitarsi a mentire agli aspiranti suicidi fingendo di aver deciso di ucciderli non appena ci avessero condotto alla Torre. Il profondo senso dell'onore proprio di Khondar gli impedisce però di accondiscendere al piano della pixie: ucciderli sì, mentire mai.


Il delirante ragionamento del guerriero ha tuttavia un inaspettato risvolto positivo. Il candidato morto più entusiasta all'idea di farsi ammazzare così su due piedi, e che peraltro s'è offerto come nostra guida, precisa infatti: «Io non posso portarvi alla torre, ma posso mostrarvi la strada», salvo poi aggiungere, rivolto al nano: «Se tu acconsentirai alle nostre richieste, naturalmente».


Mentre Khondar valuta la nuova situazione, Maja richiama Nixia e con lei architetta un piano in cui fingiamo soltanto di uccidere quegli scalmanati che sono anche la nostra personale versione del Tuttocittà di Dite ma ci limitiamo a farli cadere addormentati grazie al versatile e sempre utile ago soporifero che la pixie possiede.


C'è solo una pecca nel piano: che viene illustrato a voce alta. La folla l'ode, freme, solleva le armi e attacca il nano.


Groud non aspettava altro: evoca una barriera di lame che falcia - letteralmente - metà degli invasati, i quali si guardano bene dall'evitare la via maestra per raggiungere Dispater così gentilmente offerta loro dal chierico pazzo. A questo punto Nixia, che da tempo vorrebbe usare l'ago e che tuttavia resta sempre bloccata dal precipitare della situazione, si affretta ad addormentare uno dei superstiti e, mentre è distratta, Khondar ne affetta altri due con nonchalance.


A questo punto restano soltanto tre scarsamente armate, per niente pericolose e certamente squilibrate creature che ci ostiniamo a chiamare nemici per evitare la figuraccia che faremmo se utilizzassimo un termine più appropriato. Groud, con un luccichio di follia negli occhi, li carica, uccidendone uno mentre un altro si lancia nella barriera di lame; la follia regna ormai sovrana e un pungente odore di barbecue (l'intera città è fatta di metallo rovente; ricordate, sì?) si diffonde nell'aria e Khondar finisce l'ultimo rimasto vivo e cosciente.


L'ultima nostra speranza di arrivare alla Biblioteca Proibita - dove ci aspetta Furcas, il Bibliotecario - risiede ora nel flagellante provvidenzialmente addormentato da Nixia. S'impone a Groud di rimuovere la barriera di lame, si appone una guaina di gommapiuma intorno a tutti gli oggetti appuntati e solo a quel punto si provvede al risveglio.


Non appena il poverino ha riacquisto coscienza, il nano gli propone il patto inevitabile: dopo che ci avrà indicato il modo di raggiungere la nostra meta, sarà ucciso. Quello esulta: «Mi ucciderai? Lo prometti?» chiede, ansioso. E Khondar, che gode del suo nuovo ruolo di dispensatore di morte a casaccio: «Sì! Vuoi soffrire o facciamo una cosa rapida?» «Fammi soffrire!» «No problem».


Apprendiamo così che ci sono due modi soltanto per arrivare alla Torre (e, di conseguenza, alla Biblioteca che si trova all'ombra di questa). Il primo, più difficile, prevede che il viandante liberi la propria mente da ogni pensiero circa la Torre stessa e cammini in tale disposizione. Il secondo, più semplice ma vagamente pericoloso in una città in cui gli edifici hanno la deprecabile tendenza a caderti addosso senza preavviso, consiste semplicemente nel procedere alla cieca, tenendo gli occhi chiusi. Non appena l'ultimo aspirante suicida finisce di parlare, il nano lo uccide dimostrando tutta la propria crudeltà: gli infligge un rapido colpo pur avendogli promesso che l'avrebbe fatto soffrire. Il poveretto non ha tuttavia tempo di rammaricarsene: anzi, mentre cade verso il suolo sul suo volto appare un sorriso, che però si tramuta in una maschera di puro terrore prima ancora che il corpo tocchi terra.


Iniziano a questo punto - sempre lì, in mezzo all'enorme grigliata di carne umana - le consultazioni circa la scelta del metodo migliore. Nixia dà il primo suggerimento, che di regola è anche folle e quasi certamente letale. Con disinvoltura la fatina suggerisce infatti: «E se lanciassi su tutti voi una Regressione Mentale?». Chissà perché l'idea di aggirarci per Dite con l'intelligenza di una lucertola al guinzaglio di una pixie in perenne crisi d'allineamento1 viene scartata subito nell'orrore generale.


Keira propone un'alternativa meno autolesionista. Dato che per liberare la mente da ogni pensiero della Torre occorre concentrarsi molto, proverà ad autoipnotizzarsi e a procedere in questo stato, mentre gli altri si terranno per mano a lei e l'un l'altro, con gli occhi chiusi.


Il piano sembrerebbe moderatamente intelligente e relativamente privo di rischi se non fosse che chi l'ha proposto è colei che, un attimo prima della battaglia con i Topazi, si è avvicinata quatta quatta al chierico e ha teletrasportato entrambi "avanti a caso", circostanza che li ha condotti nel collettore fognario principale di Sigil e ha dato inizio alla catena di eventi che ha cancellato ogni traccia di razionalità da Groud.


Comunque sia, è questo il meglio che riusciamo a produrre, il che la dovrebbe dire lunga sulla nostra abilità di avventurieri e, a ogni buon conto, tranquillizzare Gargauth oltre ogni dire.


Lo facciamo. Nonostante qualche difficoltà (dobbiamo aggirare un gruppo di Lemuri, con il rischio che Keira perda la concentrazione, o guadagni la concentrazione, non si capisce) il cammino procede liscio finché la psionica annuncia: «Siamo arrivati. Aprite gli occhi».


Ci troviamo ora in una strada stretta, al cui fondo scorgiamo un alto muro sul quale sono scolpite e dipinti in rosso cupo (abbiamo la sgradevole sensazione che sia proprio la tinta del sangue rappreso) figure di guerre tra diavoli e demoni. Stimiamo l'altezza del muro sui 6 metri; a cinque o sei metri le une dalle altre, appollaiate sul muro stesso, vi sono dei gargoyle che paiono di metallo.


La Torre oltre il muro, di fronte a noi, è un prisma a base quadrata e mostra, verso la destra per noi che guardiamo, una faccia scura2. La strada pare deserta.


Dato che, secondo le informazioni dateci da Mimìr, la Biblioteca Proibita si trova «all'ombra della Torre» ci dirigiamo proprio in quella direzione, guidati da Nixia. Avanziamo per un buon chilometro, e ancora non s'intravvede la fine della Torre; in compenso, in tutto questo percorso nessuno degli edifici cui passiamo accanto mostra alcuna finestra. A un certo punto notiamo come la strada davanti a noi sia tagliata da una netta linea nera, oltre la quale tutto è immerso in una profonda oscurità. L'impressione non è quella che potremmo ricavare da dei normali edifici in ombra: l'ombra stessa, infatti, in questo caso sembra penetrare il metallo che compone le costruzioni. Ad alcune decine di metri si staglia la sagoma di un edificio che, se non fosse per l'oscurità, potrebbe essere bianco.


Mentre ci avviciniamo alla sottile linea nera la temperatura cala rapidamente, e anche la luce sparisce. Raccogliendo tutto il nostro coraggio (ci mettiamo un attimo scarso) entriamo nella zona d'ombra.


Ora i contorni di quanto ci circonda paiono più evidenti. Sulla strada ci sono delle sculture che raffigurano creature di tanti tipi diversi, tutte in cammino verso l'edificio bianco che, ora, ci appare dello stesso colore delle ossa, è basso e piuttosto tozzo e ci mostra una facciata composta da tre sezioni affiancate.


Il medaglione di Khondar emana un bagliore indefinibile che circonda l'intero gruppo e ci fa sentire sporchi, unti: è un fastidio fisico, come se qualcosa di disgustoso ci stesse accarezzando.


Avanzando verso l'edificio notiamo un'apertura nera e rettangolare sulla faccia centrale, larga tre metri e alta sei. Da vicino, la Biblioteca appare alta una dozzina di metri.


Varchiamo l'apertura e ci troviamo al centro di una corsia costituita da due alti scaffali dai molti ripiani, contenenti infiniti libri. Sono fatti di legno scuro, che in qualche punto reca tracce di bruciature e macchie prodotte da sostanze che non sappiamo identificare a prima vista. Il pavimento non è di metallo ma è costituito da una pietra grigia, con venature rosse, che in alcuni punti è liscia e in altri è ruvida. L'aria è tanto calda e secca da essere fastidiosa. Davanti e dietro a noi, al termine della corsia in cui ci troviamo, si vedono soltanto scaffali ricolmi.


Diamo un'occhiata ai libri più vicini. Alcuni hanno delle scritte sul dorso, e alcuni sembrano nuovi; in generale, però, non sembrano essere disposti secondo un ordine preciso. Diversi sono scritti con caratteri draconici ma in una lingua incomprensibile a tutti noi, e qualcuno invece reca le lettere dell'alfabeto dei giganti.


C'è luce nella Biblioteca, ma il soffitto non si vede. Mentre battibecchiamo sulla direzione da prendere, una voce alle nostre spalle ci zittisce perentoria.






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Ipse dixit


  • Nixia ha appena proposto di addormentare gli invasati: «Io ho sempre il mio ago!». DM: «Ah, oltre che sporcacciona anche drogata!».
  • Khondar è appena stato informato dal DM che il medaglione ci fa sentire sporchi: «Beh, meglio sporco che stupido!» conclude filosoficamente.
  • Keira, non vedendo nessuno nella Biblioteca, vorrebbe chiamare Furcas, ma non sa come fare, anche perché non vede la reception. Chiede pertanto consiglio a Mimìr. Keira: «Sai come si chiama Furcas?» Mimir (serafico): «Furcas».


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Note


1 I Maghi Rossi di Thay hanno attualmente riconosciuto questa situazione come clinicamente rilevante e l'hanno ribattezzata Sindrome di Nixia. Il primo sintomo consiste nel voler uccidere tutti gli schiavi (preferibilmente elfi buoni), trafugare i loro cadaveri, farli quindi risorgere e accogliere il loro ritorno alla vita con un: «Ora siete liberi! Siete contenti, vero? E siete riconoscenti, vero?» con un cipiglio da far cagliare il latte. Ritorno


2 No, non nel senso che pare arrabbiata. Non più del solito, per lo meno. È semplicemente in ombra (cosa curiosa visto che qui non c'è un Sole). Ritorno

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